Sono ancora vivo, Roberto Saviano si racconta a fumetti

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9 Novembre 2021

Recensione del graphic novel pubblicato da Bao

Sono ancora vivo. Un’affermazione di resistenza, e allo stesso tempo una richiesta d’aiuto. È il titolo che Roberto Saviano ha scelto per la sua autobiografia a fumetti, disegnata da Asaf Hanuka e pubblicata da Bao.

Un’opera che ha avuto una gestazione lunga e difficoltosa, prima di vedere la luce nelle scorse settimane. Quasi come se dovesse subire lo stesso destino del suo autore, costretto da ormai 15 anni a una vita sotto scorta.

È questo, naturalmente, l’aspetto predominante del racconto. La claustrofobica sensazione di non avere vie d’uscita, di aver imboccato una strada che ha portato il protagonista ben più lontano di quanto si aspettasse, senza la possibilità di tornare indietro.

Cosa rimane della persona Roberto Saviano dietro lo scrittore di successo, l’editorialista affermato, il personaggio pubblico ciclicamente attaccato per i suoi presunti privilegi e per il “peccato originale” di aver raccontato al mondo la criminalità organizzata come nessuno prima?

Sta proprio qui l’aspetto più interessante del graphic novel, il primo sceneggiato da Saviano, che ci porta su un livello più intimo e personale, svelando lati finora inesplorati della vicenda umana del suo autore.

Frammenti di vita familiare emergono dal passato, rieccheggiando nel presente insieme alla sofferenza provata per la distanza dagli affetti più cari e per la consapevolezza di aver imposto loro una condizione difficile in cui vivere.

La voglia di uscire dalla gabbia necessaria alla sua stessa incolumità, l’amarezza nel vedersi imprigionato mentre boss vecchi e nuovi eludono la cattura. La rabbia e il dispiacere per il dileggio sui social.

In mezzo a questo mare di sconforto, in grado di portare alla disperazione, spiccano luminose le ancore di salvezza a cui aggrapparsi per non annegare: la lettura, i ricordi più belli, la certezza che non rassegnarsi è l’unico modo per non darla vinta a chi lo vorrebbe morto, o peggio ancora ammutolito.

Lo stile grafico visionario del disegnatore israeliano Asaf Hanuka tiene il lettore in sospeso tra presente e passato, realtà e immaginazione, proiettandoci all’interno di quello che in alcuni momenti diventa un vero e proprio flusso di coscienza dell’autore.

La scelta dei colori, giustapposti per dare risalto a determinati elementi della narrazione, dimostra una padronanza che si riflette anche nell’impostazione delle tavole, mai banali o uguali tra loro.

L’alternanza di pagine in cui predomina il bianco e nero con altre dai colori vivaci, accompagnate dal rosso del sangue che attraversa come un filo conduttore tutto il graphic novel, testimonia il conflitto interiore che anima l’autore.

Da un lato c’è la consapevolezza di quanto la propria vita sia mutilata, sacrificata per tutelare sé stessa fino al punto di non essere quasi più degna di essere vissuta. Il sospetto che forse sarebbe migliore senza il travolgente successo di Gomorra nel 2006.

Dall’altro, ci sono gli episodi del passato che hanno determinato le scelte di una vita, presenti come un monito di cui il tempo non ha alterato il valore. Come l’omicidio di don Peppe Diana, tra i primi motori dell’impegno anticamorra del giovane Roberto.

“Ti daranno la colpa della tua vita”, ha detto Salman Rushdie a Saviano nel 2008, fotografando perfettamente la contraddizione insita nella sua condizione: tormentata ma non definitiva, incapace di scalfire la granitica insensibilità di un pubblico che ormai si lascia scivolare addosso anche i morti ammazzati.

Ma la luce resta accesa, nonostante tutto. E nella profondità siderale della sua solitudine mediatizzata, c’è una soddisfazione che – almeno per il momento – Roberto Saviano non ha intenzione di lasciare ai signori della camorra.

Quella di morire, o peggio ancora di tacere. Opponendo loro, ancora una volta, le sue parole e la sua vita. Affermando, almeno fino a quando ne avrà ancora la forza, “fottuti bastardi… sono ancora vivo!”.