Come ti cambia la vita , vero? – 20

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31 Marzo 2020

Il contagio delle storie – 20

Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.

Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.

Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.

Il contagio delle storie – 20

Come ti cambia la vita , vero? – Marya Landaverde

Come ti cambia la vita , vero? Una cosetta insignificante che non vedi, non senti, non puoi annusare.

Le nostre preoccupazioni si sono trasformate, in queste settimane di emergenza sanitaria nel paese in cui ho deciso di vivere, l’Italia.

La prima cosa che ci è passata per la mente quando hanno chiuso le scuole  è stata inevitabilmente, dove lasceremo i bambini? Beh, qui. Vedremo come va. No, è meglio se li mandiamo dalla nonna in Marocco, no, meglio di no. Chiamiamo una tata, ma costa tantissimo.  Ok, li lasciamo da mia zia, ma anche lei lavora…

Insomma, per due settimane ce la siamo cavata.

La terza settimana non ci preoccupa nemmeno più dove lasciarli, ci preoccupa che stiano bene, che non succeda loro nulla di grave, che non si ammalino, che non cadano, che non si rompano un braccio, che non venga loro la febbre alta. Perché adesso gli ospedali sono troppo impegnati col coronavirus.

La terza settimana le mie preoccupazioni sono trovare mascherine, gel disinfettante, alcool. Mi preoccupa che devo uscire per lavorare e qua tutto il mondo si sta ammalando. Mi preoccupa moltissimo che non ti fanno il tampone e quindi penso che potrei portare in giro il mio bel virus e contagiare qualcuno. E se quel qualcuno si ammala , si aggrava e muore?

Ti cambia la vita quando vedi in tv il Premier mentre annuncia che dal giorno dopo tutta l’Italia sarà una specie di zona rossa, “ zona prottetta” l’hanno chiamata. Non si può uscire di casa se non è per motivi di lavoro, per far la spesa, per andare in farmacia, per emergenze estremamente urgenti.

Ma non ci è chiaro, il decreto ha una certa ambiguità che offre una porta aperta alle (cattive) interpretazioni. Stamattina già vedo le prime pattuglie a far controlli ai pochi che vanno per strada. Oggi alla radio ascoltavo una signora disperata, perché non sapeva se andare fuori col cane fosse permesso.

Usiamo la testa su, usiamola bene. Magari non andando a sciare.

Bisognerebbe pensare che questo paese ha una gran popolazione di persone anziane e che bisogna proteggerle. Che forse a te che sei giovane e in salute non ti succederà niente, ma agli altri si.

Magari questi giorni di strade deserte, negozi chiusi e in bancarotta, di metro vuota, ci servissero per pensare quanto sono comode e sicure le nostre vite. Stiamo parlando di una emergenza che a un certo punto pur lasciando una bella cicatrice , passerà. Passerà. Perché siamo nel nord d’Italia e qui li abbiamo gli ospedali (nonostante i tagli, la privatizzazione). Qui c’è personale sanitario, c’è acqua, cibo, elettricità. È una questione di tempo, magari lungo, ma lo sappiamo tutti che finirà.

Nella notte di sabato è stata diffusa ufficiosamente la bozza di un nuovo decreto che avrebbe messo la Lombardia in quarentena, zona rossa tutta la regione. Nessuno entra , nessuno esce. Prima che il governo facesse l’annuncio ufficiale lo sapevamo già tutti, l’abbiamo saputo in modo sbagliato. Panico. Moltissime persone hanno preso d’assalto le stazioni dei treni per scappare. Poco hanno pensato di essere migliaia di potenziali portatori di corona virus, portandolo come souvenir al sud.

Nel meridione la situazione attuale della sanità pubblica è un autentico disastro. Se questo virus si propaga come ha fatto nel nord sarebbe una catastrofe. Ma non ci hanno pensato. Sono partiti ugualmente. E uno di questi personaggi (perché manco persona è) dice in una intervista mentre aspetta di salire sul treno che “ si sente un profugo” . Un profugo, ma guarda un po’, caro bianco borghese occidentale. Qualcuno come te che sta andando via in sicurezza, in salute e perché cazzo vuole, non è un profugo, è un coglione.

E così viviamo giorno per giorno. Per domani ho chiesto un giorno di ferie. Ne ho veramente bisogno.