Era di maggio – 29

di

10 Aprile 2020

Il contagio delle storie – 29

Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.

Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.

Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.

Il contagio delle storie – 29

Era di maggio – Luca Di Quarto

Ho lavato i piatti e rimesso ordine in cucina, ogni cosa al suo posto.

Dove prima regnava il disordine adesso c’è il suo opposto, ma so che durerà poco. Ho intenzione di farmi un caffè. Genero entropia: caffettiera, barattolo del caffè, quello dello zucchero, cucchiaino e bottiglia d’acqua. Ognuno di questi elementi, con le sue peculiarità, contribuirà a creare la bevanda che forse, renderà migliore la mia giornata. Gorgoglio e l’aroma che si sprigiona, spengo il fuoco.

Mi accomodo, attento a non far cadere niente sul divano, la tazzina fumante tra le dita.

Guardo il finestrone che dà sulla terrazza. Fuori il cielo è basso e grigio.

Piove. Sono mesi che dove abito non piove, e per un po’ resto così, con la tazzina in mano, a guardare il paesaggio costiero umido di pioggia.

Dopo il primo sorso mi rivedo ritto in piedi, davanti la tv di un amico. Una giornalista sta divulgando la notizia della costruzione dell’ospedale di Wuhan, per assistere i contagiati dal nuovo virus.

Sentii un leggero brivido che ricacciai indietro con tutta la forza della razionalità: “l’ennesimo virus da quella parte di mondo, è così distante da noi, figurarsi se arriva qua, oltretutto i cinesi hanno blindato la città e poi ‘sto virus non è letale come l’ebola.” E per alleggerire, scherzai con l’amico: “i cinesi in dieci giorni tirano su un ospedale, da noi neanche in dieci anni! E qua da noi in Sicilia, t’immagini? Manco in venti.” Cose dette così, tanto per dire. “Tanto noi siamo in un’isola, tanto passerà in fretta.” Era Febbraio.

Sorrido e do un altro sorso. Sento lo stomaco contrarsi, sarà l’effetto lassativo del caffè o forse questa situazione che ogni giorno mi ricorda una verità antica quanto l’intera manifestazione: l’interdipendenza e la transitorietà di tutti i fenomeni.

Senza voler scomodare i testi canonici del buddhismo, la riflessione vien da sé.

Il mio corpo è tenuto in vita da atomi e cellule e organi, tenuti in vita dal sole, dall’aria e dal cibo che mangio che a sua volta è il prodotto, in parte della natura e in parte dello sforzo umano per trasformarlo e renderlo fruibile. Centinaia di fattori che interagiscono e dipendono l’uno dall’altro. Un’immensa, fitta rete che dà le vertigini. E tutta questa vasta rete di fenomeni interagenti, mi dà la possibilità di bere questo caffè, di essere in grado di berlo.

Do un altro sorso.

Meglio l’Illy!

Quando cominciai a leggere delle persone che morivano in Cina, chiuse in casa, mi rabbuiavo ma non lo sentivo, in fondo, a essere onesti, a me non riguardava. Quando chiusero la Lombardia, e pensai agli amici che vi abitano, l’interdipendenza cominciò a bussare con molta più veemenza alla mia porta e ora che guardo fuori il cielo grigio e penso alle migliaia di persone morte, che erano i nonni e i genitori di qualcuno, l’interdipendenza siede accanto a me con la sua amica transitorietà.

E mentre do l’ultimo sorso, lo stomaco si contrae in un prolungato spasmo.

Mi sposto verso il bagno e sento il brivido di stare sul ciglio del burrone o forse sulla tazza del cesso? E questa sensazione, è paura o il mio intestino l’attimo prima di rilassarsi?

Mi siedo e mi vedo come un aggregato interconnesso al resto, anche al cesso.

Un improbabile aggregato di atomi di carbonio nel quale Vita e Coscienza creano un mondo mentale, in grado d’interagire con altri mondi mentali. La Noosfera.

Una variante degli infiniti mondi di bruniana memoria: mondi fisici che s’intrecciano con mondi biologici, che s’intrecciano con mondi noetici che s’intrecciano con…

-Plop!

Uno spruzzetto d’acqua colpisce la mia natica.

Sollevato, ecco, come mi sento, mi attacco a quest’attimo e poi all’altro e poi ancora al successivo, mentre il tempo sul cesso scorre lento e fitto. Fitto di attimi.

Squilla il telefono, ma sono seduto. Lentezza e attenzione, questa è la mia personalissima ricetta per la quarantena. Mi do alle manovre detergenti con tutta la cura possibile e rimugino sul concetto di transitorietà o caducità. Ho appena lasciato una parte di me dopo averla trasformata in nutrimento. Tutto ciò è affascinante! Un corpo come officina di trasformazione, sì, sarà banale ma il tempo rallentato di questi giorni mi regala nuove e profonde prospettive. Penso che ne potrei scrivere e poi come si fa in questi giorni (e non solo) postarlo su Facebook.  Si capirà cosa voglio dire? Suonerà banale? Sicuramente, come tutte quelle frasi fatte che si leggono a bizzeffe. La difficoltà sta sempre nel viverle, quelle frasi.

Insomma, Io, un composto di miliardi e miliardi di atomi che interagiscono, unitisi per compiere operazioni di routine, come far respirare il corpo che abito o asciugare il mio deretano con quella tovaglietta blu (anche quella, tessuta da altre mani di altri corpi, etc…). Tenuti insieme da cosa? Che cosa è questa sensazione di “essere” che è me?

Mi lavo le mani e mi concentro sullo scorrere dell’acqua, il suo calore e sul profumo del sapone battericida. Lentezza e attenzione.

Mi guardo allo specchio. Un composto fisico, che è insieme biologico, nel quale si trova una vita interiore fatta di sensazioni, pensieri, emozioni. Quello lì, sarei io? Chi o cosa odora il sapone? Chi o cosa sente il calore dell’acqua?

Tutte queste storie che prendono forma nella mia coscienza, che mi rassicurano, mi spaventano, m’inorgogliscono, m’ingannano, mi rendono allegro o triste, sono io? Non lo so, prima ci credevo, ora non più.

In questi giorni, si sente molto parlare del collasso del mondo. Sta veramente collassando?

Beh, non saprei. Il mio mondo è collassato già da qualche tempo.

Esco dal bagno e passando dal divano raccolgo la tazzina del caffè.

Ricreo l’ordine in cucina e mi siedo comodo sul divano, il computer in grembo.

E mentre comincio a pensare cosa potrei scrivere e soprattutto perché dovrei scrivere, si fa strada tra le mie narici un inconfondibile odore di…

Oooops!

Torno in bagno.

Ho dimenticato di tirare lo sciacquone.

Whooosh!

Lentezza e attenzione, cari amici.

Lentezza e attenzione.