Lettera di un neo papà dalla quarantena – 35

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17 Aprile 2020

Il contagio delle storie – 35

Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.

Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.

Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.

Il contagio delle storie – 35

Lettera di un neo papà dalla quarantena – Salvo Spitalieri

Da qualche settimana Tommaso ha iniziato a muovere i primi passi, ogni giorno cade e cadendo acquisisce maggiore sicurezza. Per lui tutto comincia a essere a portata di mano, afferra gli oggetti, li sposta, li fa cadere per terra divertendosi e, cosa più frequente, inciampa sugli stessi.

Domani compirà quattordici mesi, gli ultimi quarantasei giorni dei quali trascorsi in isolamento a causa dell’emergenza Covid-19.

Qui a Bergamo la situazione resta ancora critica e la città sta pagando il tributo più altro in termini di vite umane. Lascio al prezioso lavoro dei giornalisti il compito di indagare circa le responsabilità e le cause di tutto ciò.

Quasi tutte le famiglie hanno visto morire un parente o un amico e tutto ciò non può farci rimanere indifferenti. Allo stesso modo, l’immagine dei mezzi militari che attraversano la città deserta di notte trasportando le bare in altre regioni sarà un ricordo con cui dovremo fare i conti e che ci porteremo dietro per tanto tempo.

Sicuramente nei primi giorni non immaginavo uno scenario simile, oggi però mi chiedo perché tra gli invisibili di questa emergenza ci siano anche i più piccolini, i bambini che appartengono, per intenderci, alla prima infanzia. Pochi sanno che quello che accade a un bambino nei primissimi anni, come viene incoraggiato, con chi si relaziona, come trascorre il tempo, è determinante per la sua crescita e per il suo comportamento da adulto.

Oggi sappiamo che i bambini sviluppano fin dai primi mesi di vita una forma di inter-soggettività che se all’inizio è legata al contatto con la madre, dopo i sei mesi e man mano che cresce si traduce sempre più col distacco da questo rapporto privilegiato per rivolgersi all’ambiente che lo circonda.

È qui che inizia l’esplorazione, che l’attività motoria si intensifica fino a renderlo indipendente. Abbiamo reso il nostro piccolo bilocale il più adatto possibile alle sue esigenze riorganizzando gli spazi; abbiamo messo i suoi giocattoli nei cestini e dentro i cassetti così che possa riuscire a tirarli fuori lui stesso quando vuole.

Ci siamo ingegnati costruendo una tavola sensoriale per accompagnarlo alla scoperta della manualità e per stimolare l’apprendimento e l’attenzione alle cose. Non mi stanco mai di osservare Tommaso da lontano, mentre ruota e incastra gli oggetti, e più lo osservo più devo fare un lavoro psicologico per contenere al minimo le mie paure ed evitare di riversarle su di lui. Ma tutto ciò non basta, il movimento dentro casa non basta.

Mi accorgo sempre più che Tommaso, e i bimbi della sua età, in queste condizioni stanno diventando sempre più irritabili, mostrano segni di nervosismo, di insonnia e sono segnali questi che vanno letti nella giusta direzione e ascoltati. Giocare con loro non basta, così come non basta il buonsenso e rispettare semplicemente i divieti sempre più controversi al riguardo.

Trovo veramente banale dire che il benessere dei bambini passa soprattutto dal benessere del genitore.

Non abbiamo bisogno di ovvietà ma di alternative e confronto su fatti concreti e reali con pediatri e psicologi esperti. Si sa ancora poco sugli impatti fisici e psicologici che i periodi di quarantena possono avere sui più vulnerabili. Intorno al primo anno di vita i bambini diventano attenti osservatori del mondo e sicuramente hanno bisogno di movimento all’aperto e soprattutto di contatto, di interagire con altri bambini, di toccarli e sperimentarli.

Proprio per questo mi chiedo come garantire la maggior serenità in questa situazione pur mantenendo ferme le misure di distanziamento sociale? Alternative quali il balcone o la terrazza, il cortile dei palazzi non credo risolvano il problema dell’interazione.