Verax, dalla sorveglianza globale alla guerra dei droni

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9 Dicembre 2019

Recensione del volume di Pratap Chatterjee e Khalil (Feltrinelli)

Siamo tutti controllati. Julian Assange lo ha rivelato con Wikileaks, Edward Snowden lo ha confermato con la sua storia, raccontata tra i tanti anche da Oliver Stone in un inquietante film del 2016.

Ma per capire davvero quanto pervasivo e invadente sia il sistema di sorveglianza globale è neccessario approfondire la materia, che si rivela complessa e multiforme, autentico crocevia di interessi economici e geopolitici inimmaginabili.

Questo l’obiettivo, perfettamente riuscito, del volume di graphic journalism Verax. Come ti controllo con il drone, scritto dal giornalista Pratap Chatterjee per i disegni di Khalil e pubblicato in Italia da Feltrinelli Comics.

L’idea per il fumetto nasce da una lunga inchiesta realizzata da Chatterjee tra 2011 e 2016, in merito al sistema di controllo a distanza dei droni da guerra in dotazione all’esercito degli Stati Uniti.

Nonostante i pochi dati disponibili sulla reale efficacia di queste armi e il disinteresse delle testate per l’argomento, Chatterjee non si dà per vinto e con le sue ricerche scoperchia un vero e proprio vaso di Pandora, che lo porta sulle tracce del sistema di sorveglianza globale.

La sua strada si incrocia inevitabilmente con quelle di Julian Assange prima ed Edward Snowden poi, incontri grazie ai quali il reporter si rende conto di come il sistema di controllo dei droni sia alimentato da quell’interminabile flusso di dati che governi di tutto il mondo raccolgono incessantemente grazie alle tecnologie di comunicazione digitale.

Si dispiega così un racconto in cui le storie dei diversi protagonisti si saldano in un disegno d’insieme, che restituisce una visione sorprendentemente chiara di una vicenda apparsa negli anni frammentaria e sconnessa.

Un volume che rischiava di scivolare nel tecnicismo bellico e informatico rivela invece trame di spionaggio internazionale, decisioni difficili prese in redazione, un potere che tenta di mettere a tacere la stampa, un giornalismo d’inchiesta che se vuole restare in prima linea dev’essere sempre più attento al tema del controllo dei dati.

Un tema, sottolinea acutamente Chatterjee, che non può limitarsi al conflitto tra sicurezza e privacy, ma deve spingerci a riflettere sull’immenso potere che deriva dall’avere in mano una simile quantità di informazioni.

«Obama non solo ha mantenuto molti dei più estremi arbitri polizieschi che un tempo criticava, ma li ha rafforzati e ampliati», scrive Chatterjee citando un editoriale di Glenn Grenwald per il Washington Post.

«Questo è l’incontrollato sistema di potere che Trump eredita… i democratici adesso sono preoccupati, ma se vogliono sapere di chi è la colpa, non hanno che da guardarsi allo specchio».

Parole scritte all’indomani dell’elezione di Donald Trump, ma che traggono origine dal dibattito pubblico sull’efficacia dei droni già in corso negli Stati Uniti da almeno un anno prima del voto.

Risalgono infatti all’aprile 2015 le morti di Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein, due ostaggi uccisi per errore in Pakistan, mentre nel luglio dello stesso anno esce sul New York Times un articolo in cui lo stesso Chatterjee analizza il problema in tutte le sue implicazioni etiche e politiche.

L’ultizzo approssimativo di una mole ingestibile di dati grezzi, l’assurda ambizione della “guerra chirurgica”, l’idea che sia possibile trasformare un essere umano in un “vettore”, ovvero una matrice digitale riconoscibile da una serie di parametri oggettivi e misurabili.

Queste convinzioni al limite del paradossale hanno portato a margini di errore nell’uso dei droni quantificabili secondo alcune ong intorno al 22%: una cifra assolutamente macroscopica, persino per la definizione già di per sé aberrante di “danno collaterale”.

Le pagine di Verax fanno esplodere questa contraddizione in tutte le sue implicazioni, raccontando le vicende dei civili innocenti colpiti dai droni, dando voce a testimoni e familiari.

La barriera di incomunicabilità e distanza che mai come in questo caso la tecnologia è in grado di alimentare, crolla definitivamente quando gli attivisti per i diritti umani mettono in contatto i superstiti degli attacchi con i piloti di quegli stessi droni, che da un bunker segreto negli Stati Uniti hanno dispensato morte dal cielo a persone sconosciute dall’altra parte del mondo.

Un incontro che rappresenta un nuovo inizio, una possibilità di redenzione. E ci ricorda che, forse, riusciremo a non farci inghiottire dal leviatano digitale che abbiamo creato solo quando torneremo a ricordarci che in fondo siamo ancora esseri umani.