Portogallo, la spunta Costa

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1 Febbraio 2022

Vittoria socialista, ma cresce la destra xenofoba

È un parlamento più stabile quello che emerge dalle legislative portoghesi di domenica scorsa, dove i socialisti hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei 230 seggi. Ma anche un parlamento in cui, mentre la destra tradizionale esce scossa da una batosta in parte inattesa, quella xenofoba cresce esponenzialmente.

“Ogni razzista in parlamento è un parlamentare di troppo”, ha detto Catarina Martins, leader del BE (Blocco di sinistra), nel suo discorso a caldo, verso la fine di una lunga giornata elettorale. Difficile darle torto, ma forse a sinistra bisognava pensarci prima.

Man mano che ci si vedeva (o ci si credeva) fuori dalla pandemia e più vicini allo scadere naturale della legislatura, i partiti che costituivano l’alleanza informale delle sinistre portoghesi (alleanza che negli ultimi tempi si era deteriorata) hanno pensato di recuperare la propria identità antagonistica.

Il negoziato sulla legge di bilancio si era fatto sempre più difficile e alla fine si è andati alle urne.

Solo in piena campagna elettorale, comunisti e “blocchisti” (come li chiamano qui) hanno capito che perdevano consensi e rischiavano di consegnare il Paese alle destre. Durissimo il bilancio finale: Il Blocco crolla da 19 a cinque deputati; i comunisti, che da anni si presentano in coalizione con i Verdi, passano da dodici a sei, nessuno dei quali è dei Verdi, che dunque si estinguono alla vigilia di un’epocale transizione ecologica.

A destra svaniscono anche i democristiani del Partito popolare, dopo 47 anni di vita parlamentare, mentre il Partito socialdemocratico “si limita” a perdere otto rappresentanti. E qui, forse, a pesare è l’effetto sorpresa, che rende più bruciante la delusione. 

Gli ultimi sondaggi, infatti, davano un pareggio tecnico fra i due maggiori partiti, Ps e Psd. In qualche caso addirittura il sorpasso. Opinionisti e politologi già elaboravano tutti i possibili scenari e le più astruse combinazioni di alleanza. Ma alla fine oltre il 41% dell’elettorato ha accettato l’appello al voto utile del leader socialista António Costa e ha votato contro il salto nel buio.

Gli altri protagonisti della serata, in campo avverso, sono stati due nuovi partiti: Iniziativa liberale (IL) e Chega. Entrambi recentissimi (IL è stato fondato nel 2017, Chega nel 2019), nella vecchia legislatura avevano entrambi un solo deputato. In questa ne conteranno rispettivamente otto e dodici.

Entrambi rappresentano tutto quello che per vari motivi è mancato alla destra tradizionale socialdemocratica. Gli ultraliberali di IL sono gli eredi della destra che ha governato con la Troika fra il 2011 e il 2015. La destra liberale classica, quella delle privatizzazioni, del “meno stato e più mercato”, ma che all’epoca, commissariata di fatto da Fmi-Ue-Bce e minacciata da un tracollo finanziario, accanto all’alleggerimento dell’apparato statale aveva anche dovuto imporre un “brutale aumento di tasse” (parole dell’allora Ministro delle Finanze, Vítor Gaspar, noto economista del Fmi).

Oggi IL promette di completare l’opera, per esempio con una riforma del sistema pensionistico che gli avversari bollano come pericolosa privatizzazione, ma anche di assottigliare il fisco con una flat tax al 15%, come piace a Salvini.

Chega, invece, è il partito fondato dall’altro simpatizzante di Salvini, André Ventura. Ex militante proprio del Psd, questo Ventura ricorda lo stile della Lega d’annata, di Bossi e Calderoli.

Tuttavia, senza un grande Paese da spaccare non può proporre secessioni; senza meridionali deve cacciare a tutto campo i “parassiti” dei sussidi di sopravvivenza; senza una grave emergenza migratoria deve inventarsi altri “stranieri” (i ciganos, gli zingari portoghesi) e senza un vero programma di partito (hanno fatto scalpore le nove paginette partorite in tutte queste settimane di campagna) s’impegna a far notizia con insulti, tweet e altri slogan, magari ricalcati qua e là.

Domenica sera, nel rito euforico della vittoria, che Ventura ha imparato dal calcio, ma senza l’understatement noiosetto dei calciatori (viene dal milieu televisivo dei talk show che la buttano in caciara), ha urlato a Costa: “Vengo a prenderti!”

Discreta traduzione del celebre Wir werden sie jagen, che il leader di AfD gridava ad Angela Merkel qualche anno fa. Costa, dal canto suo, ha risposto con posa ecumenica, quasi papale. Ha sottolineato l’ovvio, cioè che maggioranza assoluta non significa potere assoluto, e ha garantito che dialogherà con le parti sociali e con tutti i partiti. Meno uno.