Foto contemporanee con antichi procedimenti

Sembra un paradosso, ma le nuove tecnologie nei campi della creazione di immagini e della fotografia hanno portato a una riscoperta di processi antichi e alternativi. I fotografi non rifiutano fotocamere digitali, smartphone o intelligenza artificiale, ma molti desiderano che le loro immagini abbiano valore come pezzi unici, non facilmente riproducibili né condivisibili. Opere che anche un pubblico sempre più ampio dimostra di apprezzare, preferendo vedere appesa alle pareti di casa un’immagine fotografica originale, unica, che non puoi trovare, vedere o acquistare online. Qualcosa che non solo si può osservare, ma anche toccare e, a volte, persino annusare. Ecco dunque che tornano in auge cianotipia, fotogrammi, antotipia e altre antiche tecniche di stampa. Portano con sé il fascino dell’artigianato: fatto a mano e prezioso. 

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Francis Baker – My Plastic Life

Qualche mese fa, Francis Baker ha avuto un incubo. «Ho avuto una visione di un uragano di spazzatura di plastica che turbinava e correva», ricorda. Nel sogno, si aggrappò ai suoi cari per evitare di essere consumato dalla tempesta. In My Plastic Life, una serie di fotogrammi solari, l’artista dà vita a questa scena e ad altre simili attraverso immagini realizzate senza fotocamera, create utilizzando rifiuti di plastica: bottiglie monouso, borse della spesa, tappi di bottiglia e altro ancora. [Feature Shoot]

Edd Carr – I am a darkroom

L’artista britannico Edd Carr ha studiato e sperimentato processi fotografici alternativi ed ecologicamente sostenibili. Nel suo ultimo film intitolato I AM A DARKROOM Edd impiega un mix di tecniche di sviluppo, come l’uso di caffè e rifiuti alimentari, per creare un’opera che celebra la natura e l’estetica della fotografia analogica. In questo articolo pubblicato su Lomography, Edd parla dell’ispirazione dietro questo progetto e del messaggio che intende trasmettere.

Frank Hamrick – When the light becomes eternal

Frank Hamrick realizza fotografie e libri d’artista che si collocano in uno spazio sospeso tra storia e memoria. Le sue immagini sono tracce di tempo e ricordi, piene di omissioni e spazi corrotti, ottenute grazie all’utilizzo dei tintype.
I tintype (o ferrotipi) sono immagini ottenute con un’antica tecnica che prevede un processo di sviluppo diretto in cui l’immagine fotografica viene impressa su una lastra sottile di metallo, solitamente ferro rivestito con smalto nero o marrone scuro, producendo fotografie uniche e resistenti, caratterizzate da un’estetica retrò e da un’elevata profondità tonale. 
Recentemente Hamrick ha creato un’edizione limitata di un libro d’artista, “When the light becomes eternal”, che presenta 14 fotografie tintype alterate da soggetti in movimento, luce variabile, apparecchiature malfunzionanti, materiali riciclati, così come sostanze chimiche contaminate, fatte in casa o esauste.

Amy Lovera – Securing Shadow

Con le sue immagini Amy inventa personaggi e ambientazioni per portare lo spettatore in un mondo fantastico. Lovera è spesso visibile nelle sue immagini, infatti utilizza l’autoritratto per intrecciare realtà e finzione, lasciando spazio all’immaginazione. 
Il suo è un mondo monocromatico, creato da fotogrammi in gelatina d’argento realizzati insieme ai suoi figli. La fisicità dell’operazione con cui dispone figure e oggetti direttamente su carta fotosensibile crea una connessione diretta e immediata tra l’artista, l’immagine e lo spettatore.

Mary Somerville e Emily Dickinson – Antotipia: tra poesia e scienza

Nella seconda metà dell’ottocento Mary Somerville e Emily Dickinson pongono degli oggetti piatti (foglie, fiori o piante) su pezzi di carta imbevuti con un’emulsione fatta di estratti vegetali – petali schiacciati, tinture di radici – e poi esposti alla luce solare diretta per un lungo periodo. Ottengono così le prime immagini del reale grazie all’azione della luce su una superficie ad essa sensibile: impronte di oggetti, pezzi unici, le prime fotografie realizzate senza fotocamera ma con un procedimento tecnico primordiale che oggi viene riscoperto e apprezzato.

Zana Briski – Animalograms

Per creare queste incredibili fotografie a grandezza naturale di animali nel loro ambiente naturale, la fotografa Zana Briski ha aspettato pazientemente nelle notti senza luna il passaggio di un animale in luoghi in cui aveva installato enormi fogli di carta fotografica sensibile alla luce. “Quando appare un animale, lo illumino con un piccolo flash portatile. Il lampo è così rapido e di bassa intensità che passa inosservato” dice Zana. [LensCulture]

Tina Rowe – Oyster Shell Ghosts

Quando mio cognato mi ha dato una scatola di negativi che aveva trovato in un mercatino, ho deciso di stamparli su alcune delle conchiglie che avevo raccolto. Mi piaceva l’idea che questi oggetti disparati fossero carichi di storia, una storia facile da ignorare a meno che qualcosa non spingesse le persone a fermarsi e osservare.
Questo lavoro viene solitamente esposto sul pavimento di una galleria, mescolato ad altri oggetti che ho raccolto sulla riva, inclusi rifiuti recenti, sabbia, ossa e ghiaia. Le persone sono incoraggiate non solo a guardare ma anche a toccare gli oggetti, un approccio contrario a quello che ci si aspetterebbe normalmente in una galleria. Una delle caratteristiche più importanti di queste immagini è che si adattano facilmente al palmo della mano. Le persone le tengono con grande delicatezza, pensano ai soggetti delle immagini e, spesso, questo stimola i ricordi di persone che hanno conosciuto.” [Tina Rowe/Lenscratch]

Alice Campos – Flesh

Flesh è iniziato con stampe in gelatina d’argento arricchite da tecniche fotografiche senza fotocamera – come chimigrammi, fotogrammi e esposizioni multiple – ma è stato necessario approfondire tecniche più intime. Le emulsioni liquide sono stropicciate, morbide, irregolari e imperfette, non dissimili dalla nostra stessa pelle. Usare emulsioni liquide su carte artigianali è stata un’esperienza intima. Queste carte assomigliano alla pelle: delicate e morbide al tatto, ma forti e resilienti una volta immerse nell’acqua. Quando immergevo le mie emulsioni liquide nei vassoi della camera oscura, diventava un piacere sensuale. Flesh, come progetto, si concentra sulla mia fascinazione per la romantizzazione degli incontri umani. Cattura il tocco nostalgico immateriale e la presenza umana effimera.” [Alice Campos/Lenscratch]

KC Ahonen – The Tsushima Cyanotypes

Immagini dagli scenari di un videogioco, scattate con il controller della Playstation invece che con una fotocamera e poi stampate con l’antica tecnica della cianotipia. Un doppio salto mortale che unisce quasi due secoli di storia della fotografia.

Paul Rider – Forever

L’enorme quantità di plastica presente nel nostro mondo è il soggetto di queste immagini, ispirate alle prime tecniche fotografiche di William Henry Fox Talbot nel suo libro “The Pencil of Nature”. Mentre Talbot utilizzava elementi naturali per creare le sue immagini, le mie immagini utilizzano il materiale artificiale della plastica. Nel processo di Talbot, le immagini erano, in un certo senso, un documento artistico di un oggetto effimero. Queste immagini sono, in un certo modo, l’opposto: una creazione artistica che utilizza oggetti destinati a sopravviverci, e molto probabilmente a sopravvivere anche al processo con cui le immagini stesse sono state create.” [Paul Rider/LensCulture]

Shikai Tseng – Photography

La fotografia è la creazione di un processo in cui l’ambiente, il tempo e la luce interagiscono tra loro per generare immagini su oggetti tridimensionali. Questo progetto consiste nel rivestire alcuni vasi con uno strato di emulsione “fotosensibile”, per poi collocarli in una scatola nera con fori stenopeici posizionati strategicamente e infine esporli alla luce per un periodo che varia dai 5 ai 50 minuti, a seconda della luminosità dell’ambiente. È un nuovo modo di catturare un momento nel tempo; che l’immagine sull’oggetto sia a fuoco o meno non ha alcuna importanza: l’oggetto porterà con sé la traccia dei primi istanti dell’esperienza, la sua prima esposizione alla luce.

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