Intervista a Rua Fittko, attivista femminista della rete Women Weavnig the Future

 “La rivoluzione sociale raggiunta sotto la guida delle donne nella Siria settentrionale e orientale ha aperto la strada a una rinascita intellettuale e sociale e le donne sono diventate un pilastro fondamentale del nostro sistema democratico.” Così recita il Contratto sociale 2023 Amministrazione Autonoma Nord Est della Siria (AANES). Le immagini della lotta delle donne curde contro l’ISIS hanno fatto il giro del mondo; poi, il silenzio è calato su quella che viene definita la prima rivoluzione delle donne in Medio Oriente. Nella AANES la questione femminile è al centro dell’attività politica e istituzionale: nonostante le leggi a difesa dei diritti delle donne siano uniche in Medio Oriente la realtà storica, culturale e sociologica dell’area evidenzia problematiche complesse. Una cultura patriarcale radicata, interpretazione religiosa, islamica, del ruolo della donna, la storica presenza delle tradizioni tribali, una debolezza oggettiva dovuta a una serie di fattori geopolitici della autorità giuridica della AANES sono fattori con i quali le politiche di riaffermazione dei diritti delle donne si scontrano quotidianamente.


Una situazione determinata da un contesto, quello siriano, che vive il Paese di fatto diviso in quattro aree. Quella del regime di Assad, l’area del governatorato di Idlib controllata dal gruppo salafita Hayat Tharir an Sham, il nord ovest governata dalle milizie jihadiste del cosiddetto Esercito Nazionale Siriano (SNA), di fatto un ginepraio di gruppi guidati dal governo turco di Erdogan con il suo Governo provvisorio Siriano con sede ad Ankara il cui presidente è di nazionalità turca e l’AANES. Non ultimo l’influenza che ancora esercita nonostante la perdita di governance territoriale da parte delle cellule del ISIS soprattutto nell’area desertica siriana Badia. La presenza e la partecipazione femminile è segnata dalla repressione e emarginazione, nel migliore dei casi, in cui la violenza sulle donne, come massima espressione del patriarcato dominate, è presente grazie anche a una legislazione che ne sancisce la sua criminale legittimità. Se a Idlib l’applicazione di una interpretazione della sharia la legge islamica guida l’impunità della violenza maschile, nelle zone a Nord Ovest a guida del governo turco di Erdogan, e nelle aree controllate dal regime di Assad, la legislazione siriana evidenzia questa impunità di fatto.
Un esempio è il permanere delle attenuanti del “delitto d’onore” e l’impunità che regime siriano e i gruppi mercenari filo turchi esercitano nella governance. Nel 2020 è stato abrogato dal regime siriano l’articolo 548 del codice penale, a cui fa rifermento l’area controlla dal SNA, in vigore dal 1949 che recitava cosi : “Chiunque sorprenda la moglie, uno dei suoi ascendenti, discendenti o sua sorella in flagranza di adulterio o di rapporti sessuali indecenti con un’altra persona beneficia di giustificazione e procede ad ucciderli o a fargli del male, o a uccidere o danneggiare uno di loro senza volerlo.
L’autore dell’omicidio o del danno beneficia di una scusa attenuante se sorprende il suo coniuge, uno dei suoi ascendenti o discendenti, o sua sorella in una situazione sospetta con un altro.” Come sottolineano le associazioni di difesa della donne l’abolizione dell’articolo in questione lascia comunque in eredità una cultura di impunità della violenza di genere storica radicata in molte aree del paese, lasciando comunque finestre giuridiche affinché le “attenuanti”permangano come una lettura dell’art 192 che si riferisce a atti di violenza contro persone in generale ma che contempla “attenuanti” per la pena se tali atti si commettono “per motivi d’onore”. La Corte di Cassazione siriana ha stabilito che con tale definizione s’intende “un’emozione psicologica sfrenata che porta l’autore a commettere il crimine sotto l’influenza di un’idea sacra per lui”.  In queste aree le attività delle associazioni per la difesa dei diritti delle donne sono fortemente minacciate come testimonia il caso di Heba Ahj Aref, 36 anni, attivista per i diritti delle donne trova morta impiccata nella sua casa di Baaza una località dell’area di Al Bab controllata dalle milizie dell’SNA. La Rete delle Donne Siriane nella annunciare la sua morte smentisce le dichiarazioni delle autorità locali che chiesero il caso come suicidio, denunciando le continue minacce che Heba aveva ricevuto per la sua attività di denuncia.

Nonostante l’AANES la presenza delle donne nel governo delle istituzioni sia sancito dalla legge e dai fatti e nel suo codice penale sancisca pene fino all’ergastolo, la pena di morte è stata abolita, per delitti contro le donne, delitti d’onore e violenza contro le donne continuano ad essere commessi come affermano autorità e associazioni della societa civile. Le politiche di protezione, prevenzione, educazione, messe in atto devono fare i conti con una realtà radicata in molti ambito della società siriana. Il patriarcato come gabbia mentale dell’uomo si esprime non solo nelle situazioni più violente ed esplicite ma nel ruolo assegnato da questa cultura alla donna. A dire il vero non solo in Medio Oriente come testimonia il pensiero del Ministro dell’istruzione italiano. Nell’esperienza di Jinwar l’eco-villaggio, auto-costruito dalle donne per le donne, le esperienze e i loro vissuti sono uno spaccato della quotidianità, ma anche un percorso di liberazione possibile.

Una situazione che per chi, qui in Europa, vede la situazione delle donne nella AANES come la punta avanzata della lotta di giustizia e liberazione della donna, si trova ad affrontare. Come ci ha raccontato Rua Fittko, attivista femminista della rete Women Weaving the Future, nel suo intervento alla Conferenza sul Confederalismo democratico del 12 ottobre a Bolzano: militante femminista europea a confronto con la politica messa in atto dalla AANES e la realtà siriana.

(traduzione: Simon Brugger Giacopuzzi)