Protagonista principale nella caduta del regime è stato il gruppo Tharir al Sham (HTS). Turchia, israele, Russia, Stati Uniti; quali saranno adesso i giochi di potere sul futuro della Siria rimane un’incognita
Il regime di Bashar Assad è caduto. Sgretolato sulla sua politica clanista, dove qualsiasi opposizione veniva fatta sparire politicamente ma ancor più fisicamente. Decine di migliaia di persone uccise per mano di un regime che si presentava almeno fino al 2011 come un oasi di sicurezza e si vantava come merito proprio la bellezza di un paese, crogiuolo di culture, popoli, storia. Un regime che si è radicato dietro un partito, il Baath, fatto a propria immagine e somiglianza. E’ caduto miseramente con la fuga di Bashar Assad e della sua famiglia, riparando in Russia luogo più sicuro rispetto all’altro alleato strategico, l’Iran, visti i precedenti di questi ultimi mesi. Con la fuga, pare, tre giorni prima, della caduta di Damasco, del fratello Maher Assad che guidava la guardia pretoriana della Quarta Divisione, considerata la spina dorsale militare del regime, ma anche rete dei traffici con tutte le milizie e narcotraffico, anch’essa sciolta in pochi giorni. Turchia e Israele si sono subito messi all’opera sul terreno, dove sono stati sempre presenti. Tel Aviv bombardando a tappeto quello che era rimasto delle infrastrutture militari del regime, dell’Iran e di Hezbollah, e conquistando pezzi di Siria nel Sud oltre al Golan che per Netanyahu, saranno sioniste per il resto della storia. La Turchia, che già controlla pezzi di Siria del Nord del paese fin dal 2016, ha scatenato le sue milizie jihadiste denominate Esercito Nazionale Siriano (SNA) contro il primo obiettivo di Ankara: far scomparire l’esperienza plurietnica e religiosa con le donne come protagoniste della (AANES) della Siria. Turchia e Israele, due potenze all’apparenza su fronti opposti rispetto al genocidio palestinese, ma con mire espansionistiche convergenti, come l’ex regime di Assad aveva nella sua storia, il Libano ne è testimone. Turchia e Israele accomunati nel rinverdire immaginari imperialistici, l’una l’Impero Ottoamno, l’altra richiamandosi alla messianica Grande Israele e legati a filo doppio con gli Stati Uniti, l’una come testa di ponte in Medio Oriente, l’altra come membro della NATO. Un guerra siriana teatro del vero conflitto mondiale di questo XXI secolo, una guerra come tutte le guerre, fatta sulle vite dei popoli vittime sacrificali delle diverse Weltanschauung che condizionano il mondo. Centinaia di migliaia di vittime, donne, uomini, bambini, e bambine, freddi numeri statistici, come i milioni di profughi che come in una danza macabra si sono mossi e si muovono a ancora dentro e fuori la Siria, cercando di sfuggire ai diversi conflitti mediorientali Quali saranno adesso i giochi di potere sul futuro della Siria rimane un’incognita. Tanti sono i fattorii che influenzano l’equazione finale e la necessità di considerare le diverse variabili. Ciò che è assodato è che sul terreno il protagonista principale nella caduta del regime è stato il gruppo Hayat Tharir al Sham (HTS), citato occasionalmente in questi anni in cui si scriveva che la guerra siriana era entrata in letargo, ma che era stato oggetto di diverse analisi di chi considerava la Siria come una pentola pressione che prima o poi sarebbe definitivamente esplosa. E così è stato. Ciò che è stato HTS fino al 27 novembre 2024 si presta a diverse letture. I grandi media ne hanno parlato abbondantemente, soprattutto della sua origine jihadista globale. Pochi, invece, hanno raccontato come HTS ha svolto il suo ruolo militare ma soprattutto di governance attraverso il Governo di Salvezza Siriano (GSS) a partire dal 2017 con vicende alterne, nella regione di Idlib e zone limitrofe, in rapporto con gli “altri governi” in cui era divisa la Siria: l’ Amministrazione Autonoma Nord Est della Siria (AANES) basata sui principi del confederalismo democratico elaborata dal movimento curdo e le cui milizie compongono le Forze Democratiche Siriane (FDS). Di parte del nord del paese controllate dalla Turchia attraverso le milizie dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) e del suo Governo ad Interim Siriano (GIS). Questa zona è divisa amministrativamente dipendendo da tre province turche: Gaziantep, Urfa y Kilis. E’ stato nominato un Coordinatore Generale della Turchia per ogni area. Sotto queste direzione turca sono state eseguite le operazioni militari della SNA e Esercito turco contro l’AANES nel 2016 (Euphrate Shield), 2018 (Olive Branch) 2019, (Peace Spring) e 2024 (Dawn of Freedom).
Scritture sulla Siria
Una premessa. La prospettiva con la quale si è guardato in questi anni le guerre siriane, al plurale, definisce lo scenario e gli obiettivi. Molte le analisi, molte voci da fuori, come quella di chi scrive. Molto meno sono le voci siriane, quelle che anche qui da diversi punti di vista, si facevano interpreti della tragedia dei popoli siriani. In “Occidente”, ma anche in “Oriente” e in “Medio Oriente”, si sono definiti scenari attraverso luoghi comuni, che in gran parte hanno sostenuto o definito il marketing del modello sociale che si vuole imporre. La presenza sul terreno del jihadismo globale, in tal senso, è stato funzionale al regime di Assad e dei suoi alleati-padrini Russia e Iran per combattere “il terrorismo”, convergendo sul nemico comune con l’”Occidente” e motivando il tutto come un’ intervento di difesa delle democrazie, occidentali, tralasciando come marginale l’origine di questa versione dell’Islam politico, la sua oggettiva funzione storica nelle dinamiche geopolitiche. Una lotta contro “il male” definito per la sua gradualità a seconda della prospettiva con cui si guarda. Le nefandezze dell’ISIS di cui si vantava sui social di tutto mondo il gruppo takfirista riusciva a far passare sotto silenzio che l’80% delle vittime delle guerre siriane sono state causate dal regime di Assad e di chi l’ha sostenuto: Russia e Iran. Nel 2015 lessi una frase di un siriano o siriana che recitava così: “Parlate dell’ISIS, e ne avete paura, dimenticando che siamo noi siriani ad essere decapitati. Oltre l’ISIS non vedete nulla. Guardate con i miei occhi le milizie di qualsiasi estrazione confessionale, sciite ,cristiane, sunnite che massacrano il popolo. Io, non guardo più il cielo osservando le stelle, ma per vedere se c’è un aereo siriano, russo, francese o americano che vuole bombardarmi per liberarmi dal fondamentalismo”. La sorpresa mainstream per la caduta repentina del regime di Assad di cui si sapeva la natura oligarchica e criminale nei confronti del suo popolo, ci induce a leggere il passato ascoltando le diverse voci siriane. Uno sforzo utile per toglierci quel cosciente o incosciente sguardo “imperialista” per cui costruiamo un mondo nelle sue strutture di potere per come noi vogliamo che sia. Per rassicurare le nostre convinzioni. Insomma seguire un suggerimento per leggere uno scenario “siriano” futuro per il popoli della Siria. Per questo l’interpretazione di parte della storia, come questa ha una genesi “una” prospettiva siriana, quella della AANES, del confederalismo democratico. Per questo ho dovuto negli anni prendere atto del suggerimento: ”Prima ti chiedo una cosa. Ascolta e leggi la storia fin dall’inizio. Non fidarti delle apparenze”.
HTS e il jihadismo globale: matrimonio, separati in casa, divorzio.
La verità è singolare, tutte le sue versioni sono non verità. La frase in apparenza tratta da qualche testo sacro in realtà la troviamo nel film Atlas Cloud. Però è utile per leggere leggere i presupposti le visioni che hanno portato il movimento HTS dall’origine del jihadismo globale di Al Qaeda alle prosaiche dichiarazioni all’apparenza concilianti e di “verità” pluralistiche della Siria, dopo la conquista di Damasco. Su quale sarà il futuro dei popoli siriani dopo 13 anni di guerra si fanno diverse ipotesi. Ciò che è documentato sono le analisi costanti di diversi analisti e analiste e media che in questi anni hanno fotografato la più complessa guerra civile del XXI secolo. E una attenzione particolare è stata dedicata all’ evoluzione della milizia che oggi si fa chiamare HTS e che dal 2015 con alterne vicende ha governato controllato una ridotta area della Siria, la regione di Idlib, fino a domenica 10 novembre 2024.
Al Qaeda, ISIS, al Nusra
Non siamo quello che voi credete che siamo. La storia dell’evoluzione di HTS impersonificata dal suo leader al Joulani, al secolo Ahmed al Sharaa, ben si adatta questo aforisma. Una storia fatta di salti nel vuoto, scommesse temerarie, pratiche contradittorie, coerenti con la sua genesi jihadista globale, pragmatiche quando la realtà impone scelte di sopravvivenza politica ma anche personale. Fin dalla sua apparizione nella guerra civile siriana nel 2012 l’allora Al Nusra incomincia a svolgere il ruolo assegnato dalla casa madre, al Qaeda, e dal ramo iracheno ISIS del “califfo” Al Baghdadi. Il giovane al Joulani viene presentato a al Baghdadi, siamo nel 2010, che come il “califfo” ha frequentato “accademia jihadista”come sarcasticamente è stato definito il campo di detenzione staunitense di Camp Bucca, Iraq. La crescita di Al Nusra è esponenziale. Con l’arrivo di foreing fighter fulminati sulla via di Damasco, dal sogno jihadista liberatore e per le vittorie sul campo Al Nusra assume un ruolo sempre pù centrale nella galassia dell opposzione armata al regime di Assad che sempre più viene coptata dal islam politico. A partire dal 2013, sono molte le voci che tra le milizie di opposizione, che ricevono sostegno militare ed economico, da paesi del Golfo, Turchia, Europa e Stati Uniti, che criticano l’inclusione di Al Nusra nel novero delle organizzazioni terroriste. La pratica di al Nusra si discosta dall’ISIS all’inizio non tanto nelle azioni “militari”, attentati suicidi, esecuzioni sommarie, repressione delle minoranze “apostate”, ma nelle relazioni con altri gruppi islamici e nella gestione delle aree occupate. L’ISIS promuove, attraverso un sofisticato uso dei mass media la sua cultura del terrore, ispirata da un Dio vendicatore spietato, takfirista dove tutti sono apostati. Due modi d’intendere la guerra che portano alla rottura tra le due costole di al Qaeda. Al Nusra con il pugno di ferro, ascolta il territorio. Il suo obiettivo è cooptare tutte le forze islamiche per la costituzione di un Emirato islamico, attraverso alleanze come strumento per imporre la propria egemonia. ll primo passo di questa strategia nella strategia, è nel 2015, con l’alleanza Jaish al Fatah assieme, tra gli altri, ad Ahrar al Sham l’altro gruppo salafita sostenuto da Turchia e Qatar, Jund al Aqsa, Nour al Din al Zenki, che condividevano con al Nusra l’obiettivo di abbattere la dittatura e costituire un governo islamico. Con questa scelta di campo Al Nusra sembra prendere atto della situazione: gli attori nella guerra siriana sono diversi; la frammentazione delle mlizie incomincia a delinere una supremazia dell’Iislam jihadista con diversi appoggi internazionali; la necessità ineludibile è trovare alleanze tattiche sul terreno; l’idea della jihad globale non trova consenso tra le varie milizie; l’ettichetta di Al Qaeda, simbolo del terrorismo globale, è un ostacolo al suo radicamento. Comunque sia il ginepraio della guerra siriana in questa fase sta scombinando le carte della geopolitica mondiale e non può essere ridotto a uno schema preciso degli schieramenti. Sul terreno le alleanze si modificano, si adattano, trovando convergenze e allo stesso tempo lotte intestine. Lo vediamo nelle alleanze tra le diverse sigle islamiste da Ahrar al Sham, al Nusra, ISIS nelle battaglie contro le milizie curde del YPG e YPJ, che diverranno l’ossatura delle Forze democratiche Siriane. Ma ciò che prevarrà è la lotta per l’egemonia all’interno del mondo islamista rendendo vani i tentativi di unificazione o di collaborazione come quella, fallita, di Sheikh Muheisseni nella “iniziativa Ummah” del 2013.
Al Qaeda, un ostacolo
Quindi se la diatriba con l’ISIS su chi rappresenta al Qaeda verrà risolta nel 2013 dal suo leader, Ayman al-Zawahiri, a favore di al Joulani, ben più complessa è la questione del legame con al Qaeda. Il regime di Assad è sempre più in difficoltà, nonostante i massacri compiuti. L’avanzata delle forze di opposizione conquista ampie aree del paese ma è soprattutto l’ISIS a divenire protagonista ea assurgere al ruolo di nemico numero. Anche se voci come quella del Ministro turco Ahmet Davutoğlu, artefice della politica estera turca, nell’agosto 2014 giustifica in qualche modo il gruppo takfirista definendolo non come un gruppo terrorista “ma gente unita dalla collera”. Con l’ISIS da una parte e lo stigma di jihadismo globale dall’altra per al Nusra si fa strada un eludibile una scelta di campo. Dal 2015 al 2017 il dibattito interno al mondo di al Qaeda in Siria rappresenta un manuale machiavellico di bugie, fraintendimenti che non erano tali, abiure, minacce. Già nel 2015 voci interne ad al Nusra ammonivano: “Tra un pò ci sarà un ultimatum a al Nusra: o sganciarsi da al Qaeda e fondersi con fazioni islamiste importanti o affrontare l’isolamento sociale, politico e militare” Lo scambio epistolare tra i diversi attori, Ayman al-Zawahiri e i suoi fedeli e quelli guidati da al Joulani scatena il dibattito interno alla Shura, l’organo politico dirigente di al Nusra e nel consiglio della Sharia il guardiano della legittimità islamica. Dal 2016 al 2017 il processo sarà rapido ma non indolore. Il primo passo la costituzione di una nuova alleanza, meglio sarebbe dire nuova cooptazione di altre forze con la creazione di Jabhat al Sham, sempre rivendicando fedeltà non tanto a al Qaeda ma ai principi della presenza in Siria: “Quando facevamo parte di Al Qaeda… la nostra politica centrale era centrare tutti nostri sforzi nel problema siriano. Questa era la nostra politica anteriore e sarà la nostra politica oggi e domani”. Agli inizi del 2017 la strategia del gruppo di al Joulani, compie un nuovo passo, non prima di aver sconfitto sul campo il potente alleato Ahrar al Sham, con la costituzione, con formazioni come Nour al Zenki, di Hayat Tahrir al Sham. Si sancisce il principio delle alleanze, anche qui con mire egemoniche, scatenando le reazioni dei fedeli di al Qaeda. Così si legge in un post: “ Tra le maggiori disobbedienze c’è quella della disobbedienza dalla casa madre: dopo averli educati e cresciuti quando erano bambini, uno di loro disobbedisce quando cominciò a parlare”
HTS: come galleggiare in un mare in tempesta
L’annunciato distacco da Al Qaeda fu un’opera gattopardiana o pragmatismo salafita come strategia egemonica? La domanda rimane nelle cancellerie delle potenze internazionali, un po ‘meno nelle altre milizie islamiste che devono fare i conti con le azioni su terreno di HTS. Che il gruppo di al Joulani avesse una propria visione anche ideologica delle strategie delle altre milizie islamiste lo aveva manifestato in diverse occasioni. La fatwa emesso dal Consiglio della Sharia di Jabhat al Sham e contro l’adesione di Ahrar al Sham alla prima invasione turca del agosto 2016 nel nord della Siria (Euphrate Shield) che aveva come obiettivo contrastare l’avanzata delle Forze Democratiche Siriane guidate dal movimento curdo nemico giurato per Erdogan, non era certo come una sorta di difesa del progetto laico e progressista della AANES. Nel gennio 2018, las seconda invasione turco jihadista di Afrin regione a maggioranza curda, troverà l’assenso di al Joulani che la definirà “una vittoria della umma (islamica)”. Una presa di posizione per affermare di avere un’agenda propria nella lotta contro il regime. A riprova tra il 2017 e 2018 HTS scatenerà un’offensiva contro le milizie filo turche nel Nord di Aleppo, portando di fatto alla sconfitta del suo avversario principale Ahrar al Sham, dell’ex alleato Nour al Zenki, e all’occupazione di vaste aree soprattutto degli strategici valichi di frontiera con la Turchia. Un pugno di ferro che però lancia messaggi precisi agli attori internazionali sulla necessità di fare di prendere atto del ruolo determinante assunto. Con pragmatismo. Al rifiuto del progetto russo turco e iraniano degli Accordi di Astana (2017-2020) che daranno vita alle aree di descalation, farà seguito una accettazione di fatto. L’instaurazione di posti di osservazione turchi a Idlib verranno accettati e protetti da HTS. La Turchia e le potenze internazionali che hanno incluso HTS nella lista di organizzazioni terroriste prendono di fatto atto della forza militare della coesione e della disciplina che il movimento dimostra sul campo ma anche nella governance dei territori controllati Idlib e parti delle zone rurali a dei governatorati di Hama, Aleppo e Latakia. L’idea che circolava nelle cancellerie occidentali e di Ankara era che HTS sarebbe stato contenuto più che con uno scontro diretto con una lenta opera di destabilizzazione.
Incolume per caso?
Gli Stati Uniti che guidano la coalzione internazionale contro l’ISIS avevano nel mirino anche il gruppo jihadista siriano. Tanto che nel 2016 era stata ipotizzata una sala operativa congiunta Stati Uniti – Russia contro il gruppo guidato da al Joulani come avveniva contro L’ISIS e nel 2017 l’FBI aveva messo una taglia di 10 milioni di dollari sulla testa del leader di HTS. Dopo che gli accordi tra Turchia Iran e Russia avevano costretto le milizie salafite a consolidare e riparare nella regione, gli attacchi mirati degli Stati Uniti contro esponenti di al Qaeda si faranno più intensi dal 2016, eliminano dirigenti che contestano la scelta di al Joulani di staccarsi dalla ex casa madre, tra questi Abu Omar Saraqeb, Abu al-Faraj al-Masri, Haydar Kirkan,Abu Khattab al-Qahtani,Younes Shoeyb, Abu al-Khayr al-Masri. Dopo il consolidamento di Hayat Tharin an Sham a Idlib è la volta, negli anni successivi, di esponenti di Hurras al-Din, la succursale principale di Al Qaeda ad Idlib, a cadere sotto gli attacchi dei droni statunitensi. Che questo possa essere un aiuto, (involontario?) a HTS, o al meno alla leadership di Al Joulani, trapela anche dalle parole dell’inviato di Washington per la Siria, James Jeffrey, che nel 2020 considera flessibile la posizione di Hayat Tharir al Sham definendola come un gruppo “di combattenti patriottici dell opposizione” che non sono una minaccia internazionale ma che si centrano nel difendere le loro posizioni a Idlib. A conferma che agli occhi della coalizione internazionale che al Joulani non è un obiettivo, fa sempre più apparizioni pubbliche, sono le due operazioni che porteranno alla morte dei due dirigenti dell’ISIS, il “califfo” al Baghdadi e del suo successore, al-Qurashi avvenute rispettivamente nel 2019 e 2022. I due vivevano a Idlib dopo la caduta marzo 2019 della caduta Bagoutz, l’ultima roccaforte dell’ISIS, per mano delle Forze Democratiche Siriane e della Coalizione internazionale. Le due operazioni vennero realizzate dai corpi speciali statunitensi con la stessa modalità: elitrasportati, accerchiamento dell’edificio, esecuzione dei due leader e delle loro famiglie. Le due località Barisha e Aitme si trovano a pochi chilometri della frontiera con la Turchia ma anche nelle vicinanze dei presidi militari turchi a Idlib, controllata con il pugno di ferro da HTS. Le domande su quali protezioni godevano i due esponenti dell’ISIS, ma anche chi ha fornito le informazioni per la loro localizzazione rimangono. Certo è che se al Joulani fosse stato un obiettivo della Coalizione Internazionale avrebbe avuto le ore contate anche nella sua roccaforte, Idlib, come dimostrano le esecuzioni mirate degli ultimi anni.
La Turchia di Erdogan a sua volta adotta una strategia di potenziamento di HTS. Almeno ufficialmente visto che Ankara considera anch’essa HTS una organizzazione terrorista. Gli accordi di Astana garantiscono una presenza militare turca a Idlib e dopo la conquista dei passi di frontiera con la Turchia, quello ufficiale di Bab al-Hawa principale fonte di entrate, a Idlib da parte di HTS a spese delle milizie al soldo del governo turco, il controllo del passaggio delle merci e delle persone da parte di Ankara si fa, anche qui, ufficialmente, più stretto. Inoltre i rapporti tra i servizi di sicurezza di HTS e Turchia si fanno sempre più stretti. HTS mostra una capacità e coesione di gran lunga superiore a quelle delle milizie filo turche dell’ SNA. Nell’ottobre 2022 l’ennesimo scontro interno tra le milizie SNA vede l’intervento diretto di HTS a fianco di un di queste e in poche ore sbaraglia il campo conquistando la regione di Afrin. La mediazione del Governo di Ankara fa rientrare HTS a Idlib ma evidenzia chi sul campo la capacità operativa del gruppo di Al Joulani. Anche la Russia prende atto della situazione. Dopo i tentativi di riconquista, falliti, di Idlib da parte dell’esercito siriano con l’appoggio dell’aviazione russa, la Russia assume un ruolo mediatore nel contenzioso dei checkpoint che HTS vuole aprire verso le zone controllate controllate dal regime di Assad.
HTS Governance tra sharia e mercato globale
Nelle aree conquistate da HTS e dalle sue precedenti sigle nel corso degli anni si contraddistinta per due aspetti, comuni a tutte le milizie di opposizione islamiche: imposizione della sharia come codice giuridico e morale e demandare a un organo civile articolazione della Governance economica e sociale, che comunque aveva un tutela e condizionamento della organizzazione armata. Questo modello in realtà è andato nel tempo definendosi affidandosi alla luce delle scelte strategiche del movimento ovvero consolidare e conquistare il ruolo di organizzazione di riferimento nel movimento di opposizione armata islamica al regime di Assad. L’episodio del massacro da parte di al Nusra nell’ area di Jabal al-Summaq a maggioranza drusa nel giugno 2015 è significativo in tal senso. Al Joulani nella prima intervista rilasciata a al Jazeera lo definì, in definitiva, un “errore nella pratica di islamizzare le popolazioni dell area”. Da al Nusra a Hayat Tahrir al Sham la sharia come strumento per modellare la società non è cambiata nelle zone conquistate. Ciò che è cambiato è l’interpretazione che della legge islamica ne viene fatta. In un comunicato del 2016 di al Nusra si legge “ per ogni ragazza o donna che si vede per strada non indossando abiti Shari’i o non comportandosi modestamente, il “guardiano”della sua relazione sarà convocato per essere punito davanti alla folla”. Nell’agosto 2024 il Governo di Salvezza Siriano, il governo civile di Idlib, condanna l’associazione Violet che aveva organizzato un meeting nello stadio della città, per le persone disabili in occasione delle paralimpiadi, perché così legge “nelle nell’evento si sono manifestati atti e simboli contrari alla cultura, costumi e tradizioni”. HTS ha comunque preso atto che per conquistare i cuori e le menti del siriani era necessario mostrare il ruolo di protettore di tutti, anche se sotto l’ombrello islamico sunnita. Le visite alle comunità cristiane e druse, le poche rimaste, di Idlib nel 2022, la devoluzione a queste comunità di parte dei terreni e immobili espropriati negli anni passati fanno parte di questo tentativo di restyling della propria immagine. Rendendo comunque sempre le donne nel ruolo assegnato dalla sharia come dimostra tra l’altro, la totale assenza femminile negli organi di governo delle istituzioni istituzioni ad Idlib. Negli anni abbiamo assistito a un cambiamento del comportamento e nell’immagine di HTS, ci sui al Joulani si è fatto interprete, dal passamontagna al turbante, dalla divisa militare all’abito civile, dal massacro della comunità drusa del 2015 si è passati alle rassicurazioni islamiche sulla protezione delle minoranze. Dall’idea di costituire una “entità sunnita” al proclama, dopo la conquista di Damasco, di un non meglio definito nuovo governo siriano. L’introduzione di una legge sulla morale pubblica che era in procinto di essere approvata ad Idlib fa da contraltare alle rassicurazioni che il nuovo Governo non interverrà su come le donne vestiranno. Fino a poche settimane fa, le violazioni dei diritti umani e del pluralismo, giustificate da motivi religiosi a Idlib non erano cambiate, come riferiva il dossier dell’Organizzazione per le libertà religiose del 2023. Le dichiarazioni concilianti di Ahmad al Sharaa di questi giorni, “il passato sono cose di gioventù”, “una Siria rispettosa dei diritti di tutti i siriani e delle minoranze”, “dobbiamo passare da una mentalità rivoluzionaria a quella dello stato” come si tradurranno? L’entità sunnita dichiarata fino a ieri verrà abbandonata o indica un quadro normativo in cui si dovrà articolare la Siria, dopo la “vittoria islamica” come al Joulani l’ha definita? Ahmad al Sharaa, quando era l’”emiro” di Idlib, ripeteva: “solo Dio ha l’autorità per dichiarare cos’è proibito; esiste una “polizia morale generale e il Ministero degli interni si incaricherà di garantire l’applicazione”. Alcuni indizi già ci sono. Obaida Arnout il portavoce del nuovo governo siriano in un’intervista ha detto che “per composizione biologica” le donne non sono adeguate per posti come Ministro della Difesa o a svolgere funzione nel sistema giudiziario.
Governare nell’economia di guerra
Nella guerra siriana la questione delle governance ha attraversato tutte le forze in campo. Fin dall’inizio le aree conquistate o liberate imponevano di cercare il consenso popolare non solo come risultato della conquista militare e della lotta contro il regime ma per un governo che garantisse la vita di tutti giorni in contesto di guerra. La creazione di consigli civili si estese nelle diverse aree del paese, spesso in modo spontaneo ed autorganizzato, anche se il controllo delle risorse economiche rimaneva nelle mani della milizia armata. In uno scenario fluido con milizie alleate ma il giorno dopo nemiche, dove il bottino di guerra era una risorsa vitale, qualsiasi iniziativa economica o anche di solidarietà poteva da un giorno all’altro diventare un capo d’accusa per il nuovo padrone. Per le milizie il controllo del territorio garantiva risorse, ma anche credibilità verso le potenze regionali ed internazionali che investono in funzione delle proprie strategie geopolitiche. Nello sviluppo del conflitto si è assistito a una sorta di catalizzazione in quattro aree con relativi “governi civili”: quella ancora sotto il controllo del regime di Assad; parte del nord del paese controllate dalle milizie dell SNA e del Governo Provvisorio Siriano, il nord est della Amministrazione Autonoma con le Forze Democratiche siriane come apparato militare e l’area di Idlib controllata dal HTS e dal suo Governo di Salvezza Siriano. Il controllo di Idlib da parte di HTS come abbiamo visto è risultato di un processo di assorbimento ed eliminazione delle altre milizie che erano presenti nell’area dal 2014. Inoltre gli Accordi di Astana a partire dal 2017, hanno favorito il consolidarsi, tra diversi avvenimenti anche in contrasto tra loro, della leadership di HTS. Nel 2017 HTS costituisce il Governo di Salvezza Siriano che sostituisce il precedente organismo civile. Fin da subito il GSS ha sviluppato una politica di governo articolando una serie di istituzioni sociali ed economiche: un processo che andava di pari passo con le conquiste di HTS sul piano militare nei confronti delle altre milizie soprattutto il principale rivale, ed ex alleato, Ahrar al Sham. Una vittoria sul campo che portò ad occupare il passo di frontiera ufficiale con la Turchia, di Bab al Hawa vitale per il passaggio di merci e per favorire investimenti. Perché la realpolitik messa in atto da HTS è a tutto campo come l’apertura di un dialogo con l’odiato regime siriano di Assad che grazie alla mediazione russa porterà all’apertura, tra numerose proteste, del check point tra le rispettive zone di controllo. Questa attività economica si muove attraverso l’opera di faccendieri, uomini dell’apparato di HTS che tessuto relazioni con tutte le parti del conflitto. Tra questi Mustafa Qadid, divenuto comandante militare nell’alleanza del 2015, Jaish al Fatah, nominato nel 2017 responsabile delle frontiere che costruisce rapporti con milizie del SNA, i servizi d’informazione turchi ma anche con settori dell’esercito del regime in particolare Maher Assad comandante della Quarta Divisione, che gestisce il sistema clientelare e mafioso del regime.
Nel novembre del 2017 si costituisce ufficialmente il GSS con dieci ministeri. Si costituiscono enti energetici per il commercio di idrocarburi e gas Watad Petroleum; finanziari Sham Bank e Naqd Bank; telecomunicazioni SYR poi sostituita da Syria Phone Connect con la collocazione della fibra ottica nelle zone di confine. Nel 2020 il GSS decreta la sostituzione della lira siriana con la lira turca e poco più tardi con il dollaro e la regolamentazione delle imprese finanziarie e monetarie. Viene attuato un piano di ordinamento territoriale con agenzia catastale, assegnazione di numeri civici delle abitazioni, vengono emessi documenti di identità con un specifica per i rifugiati che rappresentano la metà della popolazione circa 4 milioni. Nella zona limitrofa alla frontiera di al Bawa viene costituita una zona industriale per piccole imprese e una nuova autostrada. Viene pubblicato un bollettino settimanale, una sorta di gazzetta ufficiale, in cui vengono pubblicate decreti norme, emanate dal GSS. Dal 2017 avvengono avvicendamenti alla guida dei vari dicasteri. Dal 2017 saranno quattro i presidenti che si avvicineranno alla guida del GSS, l’ultimo, Mohammad al-Bashir, diverrà anche l’attuale presidente del governo siriano dopo la caduta del regime e la fuga di Bashar Assad. I dirigenti del GSS faranno particolare enfasi nella realizzazione di una economia di mercato promuovendo lo sviluppo di imprese nei diversi ambiti. Nell’educazione e sanità la presenza di imprese private è importante in un contesto di profonda crisi dei servizi in tutto il paese. E HTS deve fare i conti con proteste della popolazione per le condizioni sociali e la repressione come denunciano organismi umanitari, con arresti, torture, e uccisioni. L’organizzazione delle istituzioni civili si accompagna a quella militare. Nonostante l’embargo imposto HTS si dota di armamenti sempre più sofisticati. Viene creata una accademia militare per dare coesione alla milizia armata che sarebbe costituita da circa 20 mila uomini; si costituiscono commandos speciali denominati “Bande rosse” dotati di equipaggiamenti di visione notturna avanzate; si costruiscono droni “suicidi” (FPV) ad alta tecnologia, fondamentali nella offensiva denominata “Dissuadere l’aggressione” che porterà alla caduta del regime. Una capacità dimostrata già nel giugno 2023 nell’attacco alla accademia militare del regime a Homs che provocherà la morte di 85 cadetti e loro famigliari. L’addestramento per una scontro con le forze del regime veniva riportato da alcuni mesi sui media mediorientali. Nel maggio 2024 era stata registrata la ricomparsa di cellule di HTS nel sud del paese che godevano di protezione da parte reparti dell’ esercito siriano come l’8^ Brigata a riprova dello sfaldamento in atto dell’esercito di Assad. Il crollo repentino del regime di Bashar Assad ha mostrato come l’offensiva fosse coordinata ma allo stesso tempo che i nodi da risolvere erano e rimangono molti. Anche nelle due sale operative, quella diretta da HTS e l’altra del SNA, seppur con obiettivi tattici diversi, le controversie non sono mancate. Un tacito accordo prevedeva che la conquista dei territori passava automaticamente sotto l’amministrazione dei rispettivi Governi, GSS e GPS. Un comunicato della milizia Sultan Murad, alle dirette dipendenze della Turchia, criticava HTS per non aver rispettato l’ accordo dopo la conquista di Aleppo.
Se HTS il suo obiettivo l’aveva raggiunta per l’SNA la guerra continua perché gli ordini del governo turco di Erdogan sono quelli di conquistare i territori sotto il controllo delle Forze Democratiche Siriane. Mentre la comunità internazionale, tutta in questo caso, punta gli occhi sul dopo Assad, in Siria la guerra continua. Le centinaia di migliaia di morti del regime di Assad chiedono giustizia. Israele con più di 500 azioni ha di fatto distrutto gli arsenali militari siriani di cielo, di terra e dell’ aria e ha costituito teste di ponte sul territorio siriano. La Turchia che già occupa e amministra territori del nord del paese ha scatenato l’offensiva con le sue milizie jihadiste e mercenarie contro l’AANES per togliersi l’incubo di progetto democratico pluralista e di genere.
Dopo la vittoria, trovare l’incognita dell’equazione
Dopo la conquista di Damasco, al Joulani si presenta al mondo con il suo vero nome: Ahmed Sharaa. Nell’armadio ha lasciato il passamontagna, il turbante e la divisa militare. Nella presenza pubblica e nelle dichiarazioni ufficiali, Al Joulani cerca di rassicurare tutti: Stati Uniti Europa, monarchie del Golfo, Turchia e anche gli ex nemici Russia e Iran, tutti con una variegata forma di colonialismo sulla Siria. Si presenta con fare diplomatico, vestito in abiti civili, parlando con sicurezza sapendo che è con lui e HTS che bisogna fare i conti. Parla di ricostruzione, chiede di togliere l’embargo, rientro dei rifugiati, un nuovo censimento che permetta elezioni, nessuna ingerenza straniera nelle decisioni “del popolo siriano”. Affermazioni che intanto hanno portato gli Stati Uniti a toglier la taglia di 10 milioni di dollari che pendeva sulla sua testa. Sulla questione dei due paesi che stanno invadendo la Siria, Israele e Turchia pare avere le idee chiare. La questione israelo palestines? “E’ una storia complessa”. E della Turchia la cui regia nella caduta del regime è palese? Rivendica la paternità tutta siriana affermando che governo di Erdogan, ha solo vantaggi da questa situazione, giustificando di fatto la presenza turca sul suolo siriano perché “è per combattere i curdi che dalla Siria lanciano attacchi contro la Turchia” avallando l’obiettivo prioritario di Ankara. Del resto quando era leader di Al Nusra e Jabhat al Sham ha combattuto anche in alleanza con l’ISIS diverse battaglie contro le milizie curde del YPG e YGJ perché come disse ai tempi dell’invasione di Afrin tutto rientra nell allargamento della “Ummah”. Il modello di Governo dell’islamista AKP di Erdogan con una parvenza di democrazia formale che reprimere le minoranze e la dissidenza potrebbe essere un riferimento. In questa ottica si può leggere, l’apparizione in una foto ufficiale con due leader delle milizie della SNA, al soldo di Ankara, avversarie per il controllo del territorio ma alleate nella lotta contro l’AANES . Dettagli come la nomina di suo fratello Maher al Sharaa al ministro della Sanità o le dichiarazioni misogine del portavoce del governo, come abbiamo visto, contrastano con la richiesta di un processo costituente inclusivo, rispettoso i diritti umani, senza una egemonia settaria, che sia essa di un partito o islamica, che da settori della società siriana si levano come quella il leader spirituale druso Sheikh Hikmat al Hirij, riferimento dell’unico movimento pacifista siriano, in questi ultimi anni, contro il regime che che si è manifestato nella regione di al Suwaida.
La realpolitik ha permesso di sopravvivere ad al Joulani e l’HTS, e di ottenere una vittoria che nessun movimento jihadista globale aveve ottenuto. La conversione all’Islam politico nelle sue diversi versioni che governa in molti paesi affronterà davvero la questione dei dritti umani, civili, sociali e politici, della lotta contro il settarismo politico e religioso, la xenofobia, i diritti delle donne? Laconicamente il politico e intellettuale sciita Ayad Jamal Aldin sosteneva“ chi dice che esiste un partito islamico che crede nei diritti umani o è un bugiardo o un ignorante”.