Il 27 gennaio si celebra la giornata della Memoria dell’Olocausto e dello sterminio di tante persone ritenute diverse e sub-umane. Ma non è un motivo per far sparire gli ultimi sedici mesi di Gaza.
Dov’è la nostra umanità?

Che cosa è questa gara al genocidio più importante? Che cosa vuol dire affrontare una giornata così importante come il 27 gennaio cercando di provocare divisioni o schieramenti dettati dalla rabbia e dall’odio?

Oggi noi celebriamo il 27 gennaio, posto che sia necessaria una data, come memoria di quello che è stato nel Novecento uno dei genocidi più sanguinosi e lo sterminio di Sinti e Rom e quello di persone ‘colpevoli’ di omosessualità, disabilità, di idee contrarie, e di tutti quei soldati che finirono nei campi di concentramento e sono davvero tanti per non tornare più a casa.

E noi oggi continuiamo a denunciare, oltra alla politica di apartheid e di discriminazione di tanti troppi decenni, gli ultimi sedici mesi di genocidio palestinese, per mano dell’esercito israeliano e del suo governo criminale, che oggi prosegue a fianco di un cessate il fuoco tardivo, proprio lì a pochi chilometri in Cisgiordania.

I due fatti perché dovrebbero essere in antitesi?
E infatti non lo sono.

Sono, semmai, un corto circuito storico orribile, paradossale, proprio perché noi ricordiamo il 27 gennaio e vediamo quell’odio e quella violenza e cattiveria che volevamo buttare fuori dalla storia riprodotta dagli eredi di chi la subì. È un fatto. E non è possibile evitare l’osservazione, proprio no, semmai cercare di contestualizzarla e cercare, anche qui, di capire cosa stia accadendo. Resta un fatto.

La responsabilità omicida e le violazioni umanitarie, i crimini di guerra che sono stati commessi dal governo Netanyahu, non si possono cancellare, nemmeno per un giorno. Sarebbe uno sfregio alla Memoria, sarebbe vile e codardo, sarebbe strumentale o semplicemente perbenismo borghese dei buoni sentimenti, capace di non nominare nella stessa frase due genocidi che rimangono diversi, ma che alle radici hanno la stessa matrice: l’odio e la determinazione a cancellare dalla faccia della terra un gruppo specifico della popolazione.

E insultare, infangare la giornata della Memoria per esprimere la rabbia per Gaza, è altrettanto sbagliato.
Perché mai? Abbiamo perso la nostra umanità? (che ricordo si esprime non dicendo ‘eh, ma loro’, ma cercando di capire ‘eh, ma noi…’)

C’è molta, troppa confusione e c’è troppa propaganda. C’è una confusione che non pare colposa, ma dolosa, nel rivendicare da una parte delle comunità ebraiche che si dimentichi il 27 l’orrore di Gaza. Non cito – pur non dimenticando il gesto criminale e bestiale – il 7 ottobre israeliano, proprio perché non si deve fare altra confusione. Ma certo, ricordiamo anche quello. Ricordiamo però che condannare non dà patenti di democraticità. Comprendere, analizzare, capire al di là delle responsabilità degli assassini che cosa provochi una mattanza è cosa più importante delle patenti e delle medagliette al petto del ‘bravo democratico allineato’.

Per questo oggi noi siamo capaci di fare memoria del Novecento e di iscrivere e puntellare i nostri ricordi dentro un’altra memoria che si sta scrivendo in questi ultimi sedici mesi. Dolorosa, sanguinosa, infanticida. Bestiale.

C’è, però, una considerazione che ci tormenta e non solo dal 7 ottobre, ma da troppi decenni. Tormenta noi che abbiamo conosciuto i testimoni del Novecento, chi li studia sui libri di scuola, chi manda a memoria le date in cui nacquero le carte sui diritti universali, le istituzioni sovranazionali stanche di guerre e di morti, le regole del diritto internazionale: quale potere è stato concesso e da chi, a chi calpesta la speranza di un futuro diverso? Non dite che se lo è preso, perché le complicità sono davanti agli occhi di tutte e tutti.

E l’altro quesito è ancora peggiore: ma noi stiamo zitti e fermi, come spettatori, mentre si compie l’omicidio di una popolazione? No, certo: molti fra noi hanno scritto, gridato, informato. Eppure non basta. Se vogliamo che la memoria non sia solo quella di lutti orrendi, usciamo allo scoperto per chiedere e ottenere memorie anche felici, memorie di punti di non ritorno alla disumanità.