Avete idea di come sia la giornata tipo di una commessa? O delle condizioni contrattuali di un operaio metalmeccanico? Davvero studiare ingegneria è garanzia di un lavoro sicuro e ben pagato? Il podcast Le Faremo Sapere, del movimento di lavoratorǝ e studentǝ Fornaci Rosse (Vicenza), è una preziosa mappa di storie contemporanee di lavoro. A contraddistinguerlo è l’accurato lavoro di conduzione di Elisabetta Nardin e Gregorio Carolo.

Le due stagioni del podcast hanno raccolto un ricco mosaico di racconti “dal campo” per comprendere mansioni, orari, retribuzioni, prospettive di svariati lavori, dal cuoco al tecnico di radiologia, dall’esperta di comunicazione al rider fino all’operatrice sociale in un centro migranti. Ci restituiscono un quadro desolante quanto informativo della situazione lavorativa italiana. Paghe basse; contratti instabili e senza tutele; molestie; ritmi e orari che si mangiano la giornata e lo spirito; situazioni di ansia e solitudine. Non si salva nessuno, nemmeno il Terzo Settore o il dorato mondo delle Big4 delle consulenze. Le Faremo Sapere non indugia sulla questione dello sfruttamento – ovviamente centrale – dal punto di vista “emotivo”, è piuttosto un impressionante lavoro di auto-racconto in cui Nardin e Carolo colgono abilmente ogni spunto possibile per costruire un quadro di analisi politica che affronta le questioni sindacali, la privatizzazione della sanità o lo spolpamento della pubblica amministrazione.

“L’idea del podcast è nata durante il lockdown del marzo 2020 come un tentativo di colmare la mancanza di rappresentazione dǝ giovani lavoratorǝ. Volevamo dare voce a chi lavora, a noi stessi, pescando da esperienze a noi vicine”, racconta Carolo. “Abbiamo approcciato la questione giovanile con la lente della precarietà in senso ampio – geografica, lavorativa, relazionale, identitaria”, prosegue Nardin, “La soggettività politica che volevamo raccontare era la classe precaria”.  

Carolo e Nardin spiegano come la loro intenzione fosse provare a ribaltare una visione del mondo del lavoro che ci vuole sempre felici fino all’iperpositività, impedendo all’individuo di riconoscere la propria situazione sfruttamento. “Siamo figli del bisogno di avere un pensiero di questo tipo, della vergogna di mostrare che non siamo felici”, osserva Nardin. “A volte percepivamo una sorta di rifiuto a identificarsi come sfruttatǝ, persino di inconsapevolezza – alcune cose, come le molestie, ci venivano raccontate quasi sminuendole”.

Il podcast riesce molto bene a ricalibrare l’attenzione dalla storia individuale alle dinamiche di sistema che creano le condizioni lavorative descritte nei diversi episodi. “Desideravamo ricondurre le storie a una certa idea e teoria sul mondo, ma questo l’hanno fatto gli intervistati e le intervistate da sé, in maniera naturale, raccontandosi come persone che lavorano. Noi ci limitavamo a qualche domanda su temi che ritenevamo rilevanti. A nostro avviso la modalità dell’urlo non funziona, mentre nell’ascolto reciproco emergeva ogni volta una forte dimensione di dignità ed empatia. Credo sia bello e importante sentirsi rappresentatǝ”, spiega Carolo. Nardin aggiunge che il risultato di Le Faremo Sapere ha ampiamente superato le loro stesse aspettative proprio grazie alla dimensione di auto-racconto, in cui il contesto teorico si profila con semplicità e spontaneità.

Questo ritmo cordiale e dialogante rende affrontabili anche temi più cupi, quali la testimonianza di Yvan Sagnet -ex lavoratore agricolo, fra i fondatori di NoCap – oppure di una lavoratrice di Amazon. “Non erano cose nuove per noi, ma sentirsele raccontare non lascia indifferenti. Ci farebbe piacere che la puntata su Amazon venisse ascoltata da chi è interessatǝ al tema ma non ha il tempo per approfondire tramite libri e ricerche”, commenta Carolo.

“Per noi era fondamentale anche porre la questione del tempo libero e – specularmente – del tempo sottratto dal lavoro”, aggiunge Nardin. “Una certa attitudine ad affrontare la vita è possibile solo se non si è si è completamente assorbitǝ dal proprio lavoro. È una cosa che sento molto, l’importanza di valorizzare il tempo, o meglio di cercare una collettività che valorizza il tempo sottratto al lavoro. Volevamo ridare centralità alla dimensione umana delle persone, come risposta a una generale pressione a identificare il proprio ruolo sociale con la posizione lavorativa che si ricopre e ad agire da soli, in modo individualista, sottostando a determinate regole nel nome del successo e della dimensione economica dell’esistenza. La nostra intenzione era favorire il “riconoscimento”, perché la coscienza di classe si fa quando ci si riconosce negli altri.”

Prendetevi quindi il tempo necessario per ascoltare Le Faremo Sapere.