La storia di un viaggio è sempre questione di bagagli. Quello che porti con te, quello che abbandoni lungo il cammino, per far spazio a quello che hai trovato e che spesso non avresti mai immaginato di trovare.

Il viaggio dell’Amalassunta, un battello a motore, risalendo per duemila chilometri il Rio Negro, è il viaggio che Angelo Ferracuti, scrittore e giornalista, e Giovanni Marrozzini, fotografo, hanno iniziato il 5 settembre 2021 da Manaus, in Brasile per raggiungere le sorgenti del Rio Vaupès, in Colombia.

Un viaggio che è diventato un libro, Viaggio sul fiume mondo. Amazzonia, edito da Mondadori, nella collana Strade Blu; un viaggio che in realtà parte molto prima, come racconta Ferracuti, tra organizzazione e curiosità, perché un reportage di giornalismo narrativo parte sempre da due elementi: le domande che vogliamo porci, le risposte che riusciamo a trovare.

La ricerca stessa della barca, a tratti, è una storia nella storia: le difficoltà nel trovarla, la scelta, le migliorie e la distanza dovuta alla pandemia che ha tenuto i due autori – per un po’ – legati all’Europa.

Alla fine del viaggio la barca, che all’inizio doveva chiamarsi Snark, in omaggio a Jack London, come il veliero di quarantatré piedi con il quale nel 1907 lo scrittore partì per le Hawaii attraversando il Pacifico. Alla fine, invece, il nome scelto è Amalassunta, “un nome più lirico, più vicino ai nostri sogni di conoscenza e di vagabondaggio: Amalassunta, quella figura onirica e fantastica, leopardiana, eppure così dentro la vita, che il pittore nostro conterraneo Osvaldo Licini dedicò alla luna, amica di ogni cuore un poco stanco”, come spiega Ferracuti, marchigiano come Marrozzini.

“La barca, alla fine, sarà donata all’associazione Piccolo Nazareno, che opera a Manaus a sostegno dei ragazzi di strada, adolescenti spesso dediti al consumo di droghe e alla prostituzione. Diventerà una scuola galleggiante dove tenere lezioni sulle culture indigene, e navigherà come biblioteca itinerante nei diversi villaggi distribuendo libri”, come veniva spiegato nella raccolta fondi che ha sostenuto il progetto.

E questo progetto, che nel libro trova solo una delle sue dimensioni narrative, è di diritto da iscrivere nella tradizione italiana del giornalismo narrativo, del reportage immersivo, del rapporto giornalista – fotografo, con linguaggi e sguardi che si avvicinano e si allontanano, come lo sciabordio delle acque del fiume lungo le fiancate del battello.

La copertina del libro

Un viaggio, che ricorda anche per certi versi Conrad, oltre che London, nel cuore della nazione indigena in Brasile, tra i popoli nativi, alcuni dei quali in via di estinzione, minacciati da taglialegna, cercatori d’oro, multinazionali. Da leggere proprio alla vigilia delle elezioni in Brasile, dove Bolsonaro ha da tempo dichiarato guerra alle culture ancestrali.

Come nel giornalismo narrativo, Ferracuti si prende il tempo necessario per trovare nuove domande, per interrogare e interrogarsi, per raccontare – senza cedere all’esotismo o alla glorificazione – come queste culture trovino da sempre la via per non essere cancellate.

E’ come documentare, nel cuore di tenebra di storie che raccontano il volto più feroce e oscuro del capitalismo, una forma di resistenza non retorica, ma quotidiana, fatta di mille contraddizioni, di dolore e di qualche gioia.

Leggere questo libro, per certi versi, è come accomodarsi sull’Amalassunta. Scegliendo, dal principio, di abitare una narrazione che rispetti il fluire del contesto del racconto, il suo ritmo, che si prende il tempo per ascoltare le storie che si incastrano ai temi che attraversa il fiume, il viaggio, la barca e i narratori.

Cassilda, Edinaldo, Sebastião e molte altre e altri saranno uno specchio: racconteranno la loro storia, ricordandoci come il nostro modello di sviluppo si nutra del dolore e della lotta di qualcun altro. Ma senza retorica, con la precisione giornalistica e con la scrittura della letteratura.

foto di copertina di Giovanni Marrozzini