I borghi dell’Aspromonte non sono una meta turistica accessibile. Le strade sono così impervie e malconce che solo i più intrepidi e pazienti decidono di esplorare la zona in macchina… e io di solito seguo pazientemente il mio intrepido compagno di viaggio! Se proprio decidete di cimentarvi in un’impresa automobilistica, tenete almeno a mente questo suggerimento: la strada vecchia è spesso preferibile alla nuova. 

Nell’immaginario popolare, questo gigantesco massiccio circondato dal mare rimane una terra di banditi e di latitanti, ma io vi consiglio davvero di visitare l’Aspromonte e lasciarvi inebriare dal suo fascino un po’ ruvido. Un’ottima idea sono le escursioni a piedi, in più giorni si possono fare dei bellissimi percorsi, di quelli che accompagnano itinerari naturalistici ad esperienze culinarie intense e gratificanti. 

Mano a mano che si sale, la terra calda e rossa lascia il posto a imponenti foreste di conifere, la vegetazione sembra attraversare diverse latitudini in una manciata di metri. Il percorso è puntellato da ruscelli nascosti, segnaletica stradale desueta spesso perforata da colpi di lupara, vallate che si aprono su prati verdi o paesaggi lunari, e bellissimi borghi dei quali molti in rovina o abitati da una manciata di persone. 

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Se non volete imbarcarvi in avventure stravaganti e non del tutto sicure, ma nemmeno rinunciare alla comodità della macchina, Pentadattilo e Motta Sant’Agata sono due mete facilmente accessibili e decisamente interessanti, non lontane da Reggio Calabria. 

Pentadattilo dista circa quaranta minuti dal centro di Reggio; percorso un tratto della statale 106 e arrivati a Saline Joniche, è sufficiente prendere una deviazione che in pochi minuti porta in paese. Non è difficile decifrare l’etimologia greca del nome, “penta dattilo” ovvero “cinque dita”, né la sua ragione: fin da subito noterete le imponenti pietre che sovrastano l’abitato e disegnano una mano tesa pronta ad afferrare il cielo. Tutto gravita attorno a questa insolita formazione rocciosa, come attratti da una forza magnetica, anche gli edifici si protendono verso e fin dentro le rocce. 

Motta Sant’Agata si trova invece in una piccola frazione del comune di Reggio ed è raggiungibile persino con un autobus urbano. Una vera e propria perla, nascosta sui declivi più dolci della montagna. Imboccata via San Sperato, si costeggia con calma la fiumara, a un certo punto si parcheggia l’auto e si prosegue, per poche centinaia di metri, a piedi. Il sentiero principale parte da Cataforio, la frazione più a valle, ma c’è un accesso anche a monte da San Salvatore. 

I ruderi di Motta Sant’Agata sono immersi in una vegetazione rigogliosa e si godono, languidi e sereni, la vista mozzafiato sullo stretto di Messina. A chi si avvicina pronto ad ascoltare e attento a individuare cartelli informativi un po’ nascosti, questa modesta archeologia racconta di un passato bizantino, di floridi commerci sullo stretto e dei rapporti duraturi tra Calabria e Oriente prossimo, in particolare con la Grecia. 

Quella della Calabria greca e bizantina è una storia che sembra essere svanita nel nulla, quasi per nulla valorizzata a fini turistici e commerciali. Eppure si rintraccia in ogni luogo. Evocata in un nome o scolpita nelle pietre, affiora come per magia dalla terra o dalle memorie degli anziani. Una cultura antica, colta e spirituale di cui sono impregnate le strade malandate dell’Aspromonte e delle sue Serre.