Tra le tante forme d’arte attraversate negli anni del suo impegno culturale e politico, Ai Weiwei ha scelto il fumetto per raccontarsi. Ma il risultato non poteva essere una biografia ordinaria: insieme a Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini, infatti, l’artista cinese ha dato vita a un graphic memoir dal titolo all’apparenza enigmatico, Zodiac.
Come negli esempi più riusciti della sua arte, Ai Weiwei sceglie deliberatamente di coniugare un elemento della tradizione culturale cinese – in questo caso, appunto, lo zodiaco – con tematiche della contemporaneità quali la sua vita, la sua arte e le profonde riflessioni sulla condizione umana che da sempre l’attraversano.
Pubblicato in Italia da Oblomov, il graphic memoir arriva in contemporanea con la bella mostra Who am I?, in corso a Bologna fino al prossimo 4 maggio: sia il fumetto che l’esposizione rappresentano occasioni da non perdere per approcciarsi, anche per la prima volta, alla poetica di Ai Wei Wei e al suo universo creativo.
Prendendo spunto dal susseguirsi dei segni zodiacali lungo il calendario annuale cinese, il graphic memoir racconta in modo non lineare ma tematico la vita di Ai Wei Wei, le relazioni familiari con i genitori, la compagna e il figlio, il suo percorso artistico e le censure subite dalle autorità, scampoli di storia e cultura della Cina.
Proprio il riferimento al patrimonio culturale cinese, in questo caso soprattutto storie e leggende, conferisce al graphic memoir un fascino senza tempo, del tutto complementare ai racconti di Ai Weiwei e alle considerazioni che questi generano nell’artista e nei suoi interlocutori.
Le tavole di Gianluca Costantini sono perfette per questo genere di narrazione: ricche di dettagli che evocano anche metaforicamente la tradizione dell’arte ornamentale cinese, sembrano attraversate da una permanenza scultorea anch’essa atemporale, come le illustrazioni iconiche alle quali l’artista ci ha abituati in questi anni.

In un certo senso, è come se Zodiac espandesse il lavoro di Costantini – noto per aver dedicato il suo impegno di artista attivista alla raffigurazione di persone vittime di violazioni dei diritti umani, come Patrick Zaki – alla misura di un intero volume, dal momento che lo stesso Ai Weiwei, a più riprese, è stato vittima dei medesimi soprusi.
Non è ovviamente la prima volta che Costantini si misura sulla distanza di un intero volume, anzi, l’opera del 2022 dedicata proprio a Patrick Zaki è solo una delle più recenti, mentre risalgono agli anni precedenti lavori dei quali abbiamo parlato su queste pagine, da Libia a Le cicatrici tra i miei denti.
Ma nel caso di Zodiac, il dialogo con l’arte e la maestria narrativa di Ai Weiwei – coadiuvato ai testi da Elettra Stamboulis – crea un connubio inedito tra il protagonista del racconto, che ne diventa anche artefice, e il disegnatore ormai affermatosi come l’alfiere visivo dei diritti umani nel mondo.
Potrebbe sembrare un’autobiografia a fumetti, ma come detto in apertura non lo è. Lo dimostra il primo capitolo, che fa da paradigma anche per i successivi: attraverso il racconto al figlio Lao della leggenda relativa all’origine del segno del topo, Ai Weiwei ripercorre la vita e l’esilio di suo padre, il poeta Ai Qing.
La libertà personale è il filo conduttore anche del successivo capitolo ispirato al segno del bue, mentre alla prigionia e al coraggio del poeta Liu Xiabo sono dedicate le pagine della tigre. Il segno del coniglio chiama invece in causa il ruolo dell’arte, a partire dall’esperienza dell’artista tedesco Joseph Beuys.
Pur essendo apparentemente autoconclusive e non collegate tra loro, le diverse partizioni del racconto sono in realtà legate dal medesimo filo conduttore, che tiene insieme anche la mostra bolognese: la poetica di Ai Weiwei, la sua visione del mondo sempre incline alla riflessione profonda, alla domanda piuttosto che alla risposta.

Procedendo nella lettura, cresce la curiosità di scoprire dove porterà il capitolo successivo: quello ispirato al drago esplora le tradizioni della Cina e l’atto creativo come rigenerazione delle stesse, mentre le pagine successive sono dedicate al segno del serpente, alla madre di Ai Weiwei, Gao Ying, e alla figura del presidente Mao.
Il cavallo diventa occasione per raccontare la condivisione tra Ai Weiwei e un gruppo di amici intellettuali nonostante l’incombere della sorveglianza del governo cinese, mentre il segno della pecora porta l’artista a rievocare la ricerca del proprio percorso umano e artistico durante gli anni giovanili a New York.
Dopo la scimmia, che segna il ritorno alle origini familiari per assistere il padre malato, il gallo consente all’autore di raccontare le sue idee in materia di architettura e design, a partire dal rapporto con la casa in cui vive.
Se il cane richiama ancora una volta la relazione con gli antenati, il maiale diventa infine simbolo della contrapposizione irrisolta tra l’aspirazione alla libertà personale e la volontà di restare nel proprio Paese d’origine, per continuare a condividere la quotidianità con le persone a cui si è più legati e, soprattutto, dare il proprio contributo per cambiare la situazione.
Questo breve excursus tematico, in ogni caso, non rende giustizia a Zodiac, che merita di essere letto da cima a fondo per la capacità che condivide con l’arte di Ai Weiwei di sorprendere e provocare, in entrambi i significati che ha questa parola: suscitare una reazione contro uno stato di cose ingiusto e generare una riflessione su quello che diamo per scontato e che spesso, invece, nasconde dietro di sé un mondo intero.
