A pochi minuti dall’annuncio del Procuratore della Corte Penale Internazionale, che chiede l’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità del premier israeliano Netanyahu, il suo ministro della difesa Gallant, i tre leader di Hamas Sinwar, Hanyeh e Al Masri, una foto suscita l’ira di Israele

Sul web corre una foto, è un collage che affianca Netanyahu a Sinwar. Le dichiarazioni degli alleati su un atto formale che unisce nella richiesta di arresto un capo di governo israeliano e il capo di una organizzazione terroristica sono immediate. Sdegno, rifiuto, scandalo, reato addirittura.

Eppure è tutto qui, in questa foto.

Se il 7 ottobre è una data di tragico orrore, quella del più grande attentato terroristico subito da Israele, anzi dai suoi civili, di cui molti ancora nelle mani dei sequestratori di Hamas, la linea di annientamento scelta da Netanyahu e i suoi falchi sono andati oltre a quello che prevede il diritto internazionale, e la dignità umana, con una vera e propria carneficina di civili, in maggioranza donne e bambini. Sistematica. L’inizio di un genocidio. La fame usata come arma di guerra.

E così il capo di governo di un Paese amico del famoso e perbene Occidente e alleato degli Usa, il capo di una potenza nucleare e militarmente armata fino ai denti, eccolo qui che ci guarda come in una foto segnaletica accomunato al suo nemico numero uno. Come se fossero della stessa pasta, sullo stesso piano. Ma in realtà, e se vogliamo (e vogliamo) essere rispettosi di secoli di progresso di regole e dignità della politica, dobbiamo sottolineare che è peggio, se un peggio esiste.

Se sei un politico votato, esponente di una politica regionale delicata, se rispondi a una costituzione e a delle leggi, se legiferi, se rappresenti il tuo popolo, allora agire come una organizzazione terroristica fa di te un uomo peggiore dei vari Sinwar. Perché hai tradito valori condivisi dalla tua comunità e dalla comunità internazionale. Perché pensi di essere intoccabile e per ora è anche così. Una riflessione a parte, infatti, meriterebbe il fatto che le mani che spargono sangue sono armate dagli Usa. Mandare armi rende complici? Non vi sono molti dubbi, al riguardo.

Lo dice bene Chicco Elia nel suo audio editoriale: richiesta di arresto storica, ma soprattutto forse l’ultima battaglia a disposizione del diritto penale internazionale per dimostrare di fronte a miliardi di umani che non deve esistere un doppio standard.

Ovviamente esiste, e da sempre. La storia dell’occupazione è una storia di mancati adempimenti alle risoluzioni degli entri sovranazionali, in primis le Nazioni Unite.
Crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Accuse insopportabili per chi governa in democrazia. Ma il lato bestiale cui stiamo assistendo, la cultura violenta e di sopraffazione che arriva all’omicidio fra coloni en molti israeliani che vorrebbero l’atomica su Gaza (e poi tocca alla Cisgiordania) è diretta conseguenza di falsi leader che stanno soffiando sul fuoco dell’apartheid da decenni e del razzismo in un capovolgimento storico che fa tremare le vene ai polsi.

E Hamas? Niente condanne? Si domanderanno le sirene della propaganda. C’è ancora bisogno di chiedere di condannare Hamas per dire che il governo israeliano sta compiendo un vero e proprio genocidio? Le responsabilità sono chiare, e per fortuna che un procuratore all’Aja le ha pronunciate le parole normali, quelle che rispecchiano il nostro progresso giuridico e di civiltà. E le ha dette grazie a un ricorso che è stato presentato da quel Sud Africa che ha saputo lottare e riconciliarsi, ribellandosi proprio all’apartheid. Dovrebbero, e in parte sono, i cittadini e le cittadine israeliani a cacciare questo governo. Una macchia indelebile si sta allargando a vista d’occhio.

Tutto questo, davvero, non ha nulla a che vedere con l’Olocausto. Quasi inutile ribadirlo, né con dire che i militari sionisti sono come i nazisti. Non serve una similitudine storica per definire il tragico e orribile portato dell’annientamento cui stiamo assistendo. Ci sono degli inevitabili rimandi o meglio ancora non si riesce per noi convinti sostenitori della memoria e del rispetto per quella tragedia del Novecento a capire la cecità di Israele e la codardia dei suoi vertici che si appoggiano a quella memoria come unico elemento di giustificazione assoluta per una violenza razzista, per l’odio di una popolazione, per il sistematico modello repressivo – il Panopticon 2.0 l’ha chiamato Valeria Rando da queste colonne – che sperimenta sulla carne da macello gli ultimi ritrovati della tecnologia militare assassina. Gaza urla da decenni, con una chiamata di correo per la cosiddetta comunità internazionale, che più di una comunità ci appare come una sommatoria di egoismi, in cui si chiudono gli occhi di fronte a quello che turba l’equilibrio della società capitalista che crea sempre nuove sofferenze e disumanità.

Cessate il fuoco e arrestate i colpevoli: abbiamo bisogno di ristabilire il minimo sindacale del diritto che abbiamo costruito a difesa della dignità umana.