Geografie inesplorate riscrivono le città.
Sono segnate da percorsi, luoghi e forme di un abitare che scardina l’organizzazione del sistema urbano per come l’abbiamo conosciuto prima che una differenza radicale lo sovvertisse. Prima che l’idea di
una città definita e riconoscibile secondo le logiche di una conoscenza univoca venisse interrogata da
uno sguardo straniero.

La città contemporanea è solcata in modo sempre più profondo dalle traiettorie di popolazioni erranti. Individui dalle molteplici provenienze occupano gli spazi urbani senza necessariamente stabilirsi e riconoscersi in essi: un abitare che ha perso i tradizionali requisiti di identificazione e appartenenza e che mette in discussione il senso di radicamento dell’esperienza abitativa fondata sulla stabilità, con cui da sempre si è misurato il progetto urbanistico.

Attraverso 100 mappe di Milano disegnate da altrettanti migranti “al primo approdo” affiora e prende forma la geografia di una città pressoché sconosciuta a chi è residente stabile: una città che include, che attrae, che divide, che mette in relazione o che si fa temere, a seconda dei significati di cui si caricano i suoi spazi nell’osservazione di chi inizia ad abitarli. Un’indagine che permette al migrante di appropriarsi della città, costruendo un campo di mediazione tra il proprio spaesamento e il territorio in cui si trova a vivere: immaginare e rappresentare la geografia urbana corrisponde al tentativo di abitare mentalmente la città, e dunque di potersi pensare come abitante. Un’esplorazione che consente a chi voglia leggere il mutamento di addentrarsi nella città in trasformazione, osservando quell’abitare senza abitudine che è specifico del migrante al primo approdo, e che potrebbe ora diventare la condizione etica della contemporaneità che tutti abitiamo.

LA CITTA’ SRADICATA

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