La frase urlata da un ragazzo a Bologna, fonti di stampa, e gli scontri in diverse città. Perché dobbiamo comprendere e non condannare, come chiede il Viminale.
Chi ha ucciso Ramy? La dashcam dei carabinieri che ha incendiato le piazze, difficile pensare che non sarebbe successo, dice molte cose.
La prima sta nell’intervista di Franco Gabrielli, ex capo della Polizia, oggi consulente per la sicurezza del Comune di Milano, a 24 Mattino su Radio 24 quando parla dello speronamento dello scooter da parte di militari dell’Arma dei Carabinieri che ha portato alla morte di Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni di origine egiziana.
Quell’inseguimento non è stato fatto in maniera corretta. Indaga la magistratura, ovviamente e ci mancherebbe anche, però ci sono più livelli da tenere in conto: i sindacati di polizia si stracciano le vesti a destra dicendo che se non fermi le persone all’alt e le fai scappare possono avere dei problemi legali, ma dall’altra parte c’è un video in cui si sente che c’era la contezza via radio che il giovane aveva perso il casco e c’è anche il precedente speronamento e la speranza che i due cadessero.
La domanda è facile: speronereste due ragazzi in scooter, di cui uno senza casco, come se fossero due pistoleros che hanno appena compiuto un delitto efferato? I leoni da tastiera qui si potrebbero scatenare: come sempre c’è chi mette le regole davanti a tutto, anche se il principio di proporzionalità enunciato dallo stesso Gabrielli parla chiaro. Non è finita con un braccio rotto, ma con un ragazzo ucciso, di 19 anni, Qualcuno scrive pregiudicato, ma la cosa se ci pensate bene è una porcata se serve a giustificare un evento del genere.
Cosa dicono le piazze che si scaldano, soprattutto dei più giovani? Che si esigono cose semplici: prendere le evidenze e procedere secondo giustizia. Il resto sono azioni che vengono lette e come non averne il sospetto come un tentativo di insabbiamento.
A pensar male.
Ammettere con il video i fatti è stato un passaggio di trasparenza? Ahimé gli anni e l’esperienza di diverse stagioni ormai sul tema sicurezza fanno dubitare. Perché renderlo pubblico? Cosa si aspettavano che accadesse dopo un video del genere? Un video che non solo non scagiona i carabinieri che erano all’inseguimento, ma che mostra anche una tale disumanità da videogioco che provoca rabbia immediata oltre che un certo schifo a pensare che certa gente vesta la divisa che serve a proteggere i cittadini, non a speronarli, e tutti i cittadini, anche quelli che compiono reati hanno delle garanzie.
Se dovessi ragionare con le chiavi dei tempi passati mi verrebbe la tentazione di mettere il tutto in relazione al prossimo pacchetto sicurezza, legge liberticida e pericolosa, molto pericolosa. Una legge, se passerà, e se verrà controfirmata, che limiterà le nostre libertà e che tendenzialmente andrà a punire in maniera eccessiva qualsiasi comportamento che venga vissuto come una rivolta. Dal rispondere agli agenti, al manifestare contro le scelleratezze ambientali, non parliamo poi delle rivolte carcerarie, o delle norme che imprigionano anche i bambini delle donne condannate. Ci sono diverse campagne e diversi avvocati stanno macinando chilometri in diverse assemblee per spiegare la logica repressiva securitaria e autoritaria che è quel testo di legge. Fanno gioco queste manifestazioni? Verrebbe da dire che sono perfette. Quindi lasciateci coltivare qualcosa che è più di un sospetto.
L’altra notizia che porta con sé il surriscaldarsi del clima su questo caso è che – finalmente – vediamo delle reazioni. Non interessa qui nascondere la parola ‘conflitto’ e tantomeno la parola ‘violenza’. Ma cercare di capire cosa avviene a livello sociale. La rabbia che diventa furia nelle piazze non è quella degli antagonisti di professione, in alcuni casi la disorganizzazione era evidente, ma di giovani che reagiscono di fronte all’uccisione di un diciannovenne. Questa cosa, dicono i loro corpi, non deve passare.
Facciamo un casino, allora, avrebbe gridato un ragazzo a Bologna secondo le cronache.
Non c’è bisogno di essere dei cattivi maestri per affermare che se non fanno casino i giovani su una storia del genere allora sì ci sarebbe da preoccuparsi.
prevale nelle narrazioni ultime il racconto dei poveri agenti, che fanno gli straordinari, quasi in una versione pasoliniana che poco convince: se li pagano poco non è certo colpa dei contribuenti, ampiamente tassati, forse si dovrebbero rivolgere a quegli stessi politici che li portano in palmo dik mano garantendo loro impunità sostanziale, ma che non gli allunga il soldino in più. Sono pochi? Parlino con il governo, protestino anche loro, che senza anche il più normale ed educato conflitto fra le parti non si arriva a un fico secco.
Chiudendo questo ragionamento sul potere: ho in mente diversi volti che si storceranno a leggere queste parole. Abbiamo avuto per troppo tempo troppa paura ad affrontare con tranquillità e intelligenza il conflitto e la violenza. Non è che a condannarli risolviamo i problemi, anzi molto spesso ci illudiamo di aver fatto i bravi cittadini e di essere fulgidi progressisti. veniamo da almeno trent’anni di propaganda sull’essere moderati, abbiamo paure degli anni Settanta che oggi nemmeno conoscono o studiano a scuola. E le cui dinamiche non si possono riprodurre, per evidenti questioni politiche e sociali.
Condannare la violenza è un esercizio superfluo per chi è un democratico: capire il conflitto o la violenza, andare alla radice, comprendere il perché e a propria volta con gli strumenti della politica scatenare una lotta anche radicale contro chiari attentati alle libertà personali è invece una cosa che mi sentirei di consigliare a ogni buon politico progressista.
Da una parte si vorrebbero società ordinate e composte, dall’altra non si capisce chi si ribella alle ingiustizie o addirittura al disastro climatico e se si apre il conflitto, che comporta diverse gradazioni anche di violenza – non è necessaria ma è così – si deve condannare, di default.
Non funziona così, proprio no. Sempre ricordando che la responsabilità penale è personale e che se commetti un reato avrai delle conseguenze.
Ma anche qui mi torna in mente Ramy: che conseguenze ha avuto per non fermarsi a un alt?
ps.
“Queste aggressioni devono essere condannate da tutti, senza indecisioni o speciosi distinguo”. Così in una nota, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.