Strage di Atocha: Aznar torna a calpestare ancora una volta le vittime dell’attentato

La Fondazione FAES che presiede l’ex premier pubblica nel giorno del ricordo un comunicato spregevole, che lo scagiona e che chiama a correo il suo partito.

“Né al governo di allora constavano le evidenze che gli si fanno notare, né ha mai omesso di valorizzare gli indizi, né la equazione che funziona con la premessa ‘Iraq uguale attentati’ si sostiene, per nessun motivo. Si vuole imputare ancora una volta al governo del presidente Aznar e per estensione al Partido Popular la responsabilità di aver mentito deliberatamente dopo il massacro dell’11 marzo. Venti anni dopo questo sì, dobbiamo riconoscere come una rabbiosa attualità una di quelle frasi che la sinistra sbandierava tanto quando dicevano: gli spagnoli si meritano un governo che dica la verità.”

È la Fondazione FAES, un think thank, leggi centro di potere e influenza, che torna a diffondere ancora una volta spregevoli menzogne del suo presidente, José Maria Aznar, che l’11 marzo era premier di Spagna.

L’11 marzo la Spagna ha ricordato le 194 vittime delle bombe fondamentaliste islamiche e le due vittime causate dall’odio generato dal governo Aznar nelle prime ore che causarono in Navarra altri due morti.

El Bigote, il baffo, come lo chiamavano da diverso tempo si presenta ben rasato e con addominali a tartaruga a capo della Fundacion FAES, da dove cerca di influire ancora in politica.

In estrema sintesi, le 96 ore dopo le 10 bombe che rappresentano il maggior attentato subito dagli spagnoli furono caratterizzate da una frase che venne detta al tavolo del presidente: se diamo la colpa a Eta vinciamo le elezioni per maggioranza assoluta, se sono gli islamici, perdiamo.

Lo squallido e disumano teatrino delle menzogne dell’allora premier esibì tutta la sua forza attraverso sei telefonate ai direttori di giornale a Madrid e Barcellona dichiarandosi certo della matrice di ETA, l’organizzazione armata basca che non esiste più. La ministra degli Esteri Anna Palacio ordinò agli ambasciatori spagnoli in tutto il mondo di sostenere in ogni occasione la colpa di ETA. L’Onu stessa ci cascò in maniera davvero preoccupante sul grado di analisi e credibilità – ahimé poca – con una dichiarazione ufficiale in cui si spinse a citare ETA, quando ancora gli investigatori restavano silenti.

Il telegramma di Ana Palacio: è dell’11 marzo alle 17:28 cioè dieci ore dopo. Le monzogne: non è vero che l’esplivio era quello di ETA, non è vero che c’erano cose che non si potevano rivelare. Le ultime linee sono il riassunto della propaganda di Aznar.

La televisione pubblica agì in maniera diretta e indiretta (proiettando la sera dell’11 marzo un film su ETA) e violando il silenzio elettorale.
Il ministro degli Interni Angel Acebes si barcamenava in piruette illogiche quando già la polizia spagnola aveva trovato detonatori, cassette magnetiche con versetti del corano per suicidi, che il ministri invece descriveva come versetti iniziatici.

José Maria Aznar, due mandati di cui il secondo con maggioranza assoluta, godette di un periodo economico molto favorevole per gli aiuti europei alla Spagna. Era famoso per il suo talante, la sua maniera di fare, da piccolo Cesare. Aveva dei quadernetti azzurri in cui teneva il suo diario. E manco a dirlo, una volta fuori dai giochi – più o meno perché quelli come lui non escono mai – li ha anche pubblicati a puntate e delle sue colpe sull’11 marzo non solo non c’è traccia, ma vi sono dati che hanno spinto chi subì allora le pressioni a scrivere libri, come l’ex direttore di El Pais Jesus Ceberio, che una volta abbandonato il progetto lo ha ripreso e terminato proprio per il puntiglio di sentirsi ingannare una volta di più da quello che scrive Aznar nei suoi ricordi.

In queste ore El Pais sta pubblicando una mole di dati impressionante, perché bisogna ricordare che per anni giornalisti servi delle teorie del potere cercarono di far vivere la teoria del complotto, dove Eta comunque avrebbe avuto un ruolo insieme ai fondamentalisti. Una campagna sbugiardata da una commissione di inchiesta e dai fatti.


In una intervista agli investigatori di allora si apprende che il governo mentì senza consultarli, anzi peggio: lo stesso Aznar non volle al tavolo del gabinetto di crisi il direttore dei servizi segreti, quindi tagliandolo fuori, facile dedurlo, perché i fatti avrebbero parlato una lingua diversa dalla versione ufficiale.

Ma la sfacciataggine dell’ex premier è arrivata a diramare l’11 marzo stesso un comunicato dove cerca di uscirne pulito. El Pais gli risponde smontando tutte le nuove menzogne, vale la pena di leggerlo qui.

Il potere sopravvive a sé stesso, nonostante il giudizio storico sia chiaro. Eppure, che si possano ancora mettere in dubbio le responsabilità, al posto di un ‘ho sbagliato, scusate’, dimostra la tracotanza e l’impunità del potere stesso. Su questo c’è da riflettere, non solo per l’11 marzo spagnolo, ma più in generale.

Le menzogne di Aznar furono quelle di addossare le colpe a Eta, non riconoscere che andare in guerra – per ragioni inventate, seconda bugia – ha un prezzo, specie nei conflitti asimmetrici, infine la mancanza di sensibilità e coerenza, sincerità che avrebbe consigliato delle scuse, anche molto sintetiche.

Invece no.

Per questo ho realizzato il podcast Su Madrid la pioggia è lacrime, per tornare a riavvolgere il nastro e raccontare quelle menzogne del potere, che anche venti dopo torna con aria strafottente a pubblicare commenti che lo auto-assolvono.

Una riflessione finale la meritano le tante stragi che per assonanza vengono alla nostra memoria, a casa nostra, e le bugie e i non detti o le cose nascoste, anche a distanza di decenni. La verità storica è cosa diversa da quella giudiziaria. Ma il concetto di giustizia ha ache vedere con quello di pace sociale e di coerenza, igiene nel rapporto fra chi vota e chi è eletto.


I socialisti spagnoli, che sono nel meccanismo del potere, anche quello criminale – ricordiamo il terrorismo dk stato negli anni 70/80 -, riuscirono nel difficile compito di sutura della ferita. Tenete in conto che nei primi anni post attentato di Atocha, per colpa della campagna di informazione tossica sul presunto complotto inaugurata da El Mundo, con la cadena Cope – parliamo di giornali a destra e potere Opus dei – il 53% dei votanti del Partido popular riteneva che Eta fosse comunque coinvolta, mentre a livello di cittadinanza la confusione era nella testa del 23% del campione. Nonostante le evidenze.Ci vollero sentenze processuali e commissioni di inchiesta per smascherare le fake news.

In Italia, non per paragone, ma per esserne coscienti, non sappiamo ancora come volò fuori dalla finestra il malcapitato Giuseppe Pinelli. Cioè lo sappiamo, come sappiamo dei depistaggi e dei porti delle nebbie. Ma senza verità ufficiali. Cioè senza che il potere abbia assunto le sue responsabilità. Per non parlare delle stragi e dei misteri che stanno chiusi in chissà quali armadi, perché in quelli ufficiali non ci si trova mai nulla.

Successe anche nel passaggio di potere fra popolari e socialisti in Spagna, un mese dopo la strage.  I ministri di Zapatero al prendere le consegne trovarono o il nulla o armadi pieni di carta inutile: tutto il materiale di indagine era stato fatto sparire. Il cittadin* ovviamente fatica a capire come sia possibile che chi è incaricato della cura dell’amministrazione della vita pubblica possa essere così infame e disgraziato. Ma il potere e i suoi rapporti di forza sono anche questo.

Ed è contro questo che non si deve mai abbassare la guardia.