La Revue Dessinée arriva in Italia: intervista a Massimo Colella

Dopo il successo travolgente del crowdfounding, La Revue Dessinée è arrivata finalmente anche in Italia: gli abbonati hanno già ricevuto il numero 1, presentato nei giorni scorsi al Salone del Libro di Torino.

Si tratta di una novità importante per il mercato editoriale italiano, sia dell’informazione che del fumetto, perché di fatto la La Revue Dessinée è la prima rivista di graphic journalism a essere pubblicata nel nostro Paese.

Per scoprire com’è nato e come si sta evolvendo questo progetto affascinante, che si trova a muovere i primi passi in un momento non facile per l’editoria in generale, ho intervistato il Direttore della pubblicazione, Massimo Colella.

Com’è nata l’idea di portare in Italia La Revue Dessinée?

L’idea ce l’avevo in mente già da vari anni. Io vivo in Francia da vent’anni e da quasi dieci sono abbonato alla Revue francese: è una rivista che ho amato profondamento fin dal primo numero e mi sono sempre detto che sarebbe stato bello vedere qualcosa del genere anche in Italia.

La pandemia mi ha dato la scossa giusta per proporre l’idea alla redazione francese e loro l’hanno accolta con grande entusiasmo. A quel punto non ho avuto altra scelta che mettere in piedi il progetto coinvolgendo alcuni amici per poi passare dalle buone intenzioni ai fatti. Ed eccoci qui.

Una volta deciso di cominciare, quali passaggi avete dovuto affrontare e quali ostacoli avete trovato sulla vostra strada?

La prima tappa è stata quella del crowdfunding dell’anno scorso, che ci ha permesso di lanciare il progetto e di farci un bel po’ di pubblicità. Dopodiché abbiamo creato una società in Italia e abbiamo seguito l’iter per registrare un nuovo periodico, con tutte lungaggini tipiche delle pratiche burocratiche.

In seguito abbiamo trovato un promotore e un distributore per le librerie e un magazzino da dove effettuare le spedizioni. Di ostacoli ne abbiamo incontrati tanti, ma sono quelli che deve incontrare chiunque tenti di mettere in piedi un’impresa in Italia.

L’imprevisto più grosso è stata la crisi della carta che ha fatto fallire il tipografo col quale avevamo firmato per stampare la rivista. Ne abbiamo dovuto trovare un altro al volo ma nel frattempo il prezzo della carta era aumentato del 30% e quindi le stime iniziali delle spese che avevamo fatto prima del crowdfunding sono andate a farsi benedire.

Poi noi ci siamo complicati ulteriormente la vita facendo delle scelte abbastanza radicali come il fatto di rifiutare di associarci ad altri editori, di escludere la pubblicità, la vendita su Amazon, ecc, ma quelli sono ostacoli che speriamo che alla lunga paghino in termini di credibilità nei confronti di chi ci segue e ci legge.

Che riscontro avete ottenuto finora e dove pensate di arrivare, se vi siete dati un obiettivo di sostenibilità economica in termini di numeri?

Il riscontro per ora è stato entusiasmante, sia sui social che dal vivo quando abbiamo incontrato il pubblico nei pochi eventi ai quali abbiamo partecipato a partire dal lancio del primo numero (l’Arf, il Salone di Torino e il Tofu).

Stiamo facendo un passo alla volta e puntiamo a raggiungere la sostenibilità a partire dal secondo anno. L’obiettivo sarebbe di raggiungere almeno quattromila abbonati. Per ora siamo un po’ al di sotto di mille, ma contiamo sull’impatto che avrà questo primo numero sui nostri abbonati fondatori e sul loro passaparola per permetterci di raggiungere un pubblico più vasto possibile.

Le premesse di una buona crescita in termini di abbonati ci sono tutte visto che l’idea piace e la qualità dei fumetti che abbiamo prodotto finora parla da sé. Nonostante il periodo difficile che stiamo attraversando e la crisi della carta rimaniamo abbastanza ottimisti.

Come selezionate gli autori e le storie da pubblicare? Ci sono caratteristiche che non possono mancare?

Abbiamo indetto un bando per fumettisti e giornalisti sul nostro sito. La maggior parte di autrici e autori li selezioniamo così. Gli altri invece li contiattiamo direttamente noi tra quelli che conosciamo già e con cui abbiamo già collaborato o ci piacerebbe collaborare.

La selezione la facciamo principalmente sulla qualità del loro lavoro e sulla predisposizione a intraprendere un lavoro d’equipe. Non cerchiamo autori unici che hanno l’abitudine di fare tutto da soli. L’aspetto collaborativo nel nostro progetto è predominante.

L’esperienza conta ma in ogni numero vogliamo alternare la presenza di autrici e autori più esperti con altri alle prime armi. Ci piace che la nostra sia una rivista laboratorio come se ne facevano una volta. Nei fumettisti cerchiamo anche una certa freschezza nello stile grafico per accompagnare tematiche che spesso sono molto dure e complesse, per cui uno stile leggero è preferibile ad uno più elaborato e carico di dettagli.

Nella scelta delle storie diamo priorità quelle che si svolgono in Italia e non affrontano temi di calda attualità. Siamo una rivista lenta e prediligiamo tematiche a lungo termine che non seguono le tendenze dei social. Vogliamo dar voce ai protagonisti di storie che non trovano spazio nei media mainstream ma che raccontano la complessità del mondo in cui viviamo, le sue dinamiche e i cambiamenti in atto.

Che futuro vedete per il graphic journalism nell’ambito più generale dell’informazione italiana e internazionale?

Premetto che ho tendenza a concentrarmi più sul presente che sul futuro. Il nostro obiettivo adesso è pubblicare un secondo numero della Revue che sia all’altezza del primo, dopodiché penseremo al terzo, poi al quarto e così via… è ancora troppo presto per dire se il nostro progetto contribuirà alla diffusione del graphic journalism in Italia. Magari torna ad intervistarci tra una decina d’anni e tireremo le somme.

Per quanto riguarda il discorso sull’informazione in generale, penso che saremo sempre più inondati dall’informazione tossica usa e getta proveniente dai social media. Di conseguenza penso che ci saranno sempre più persone che cercheranno di disintossicarsi andando a cercare le informazioni in profondità in riviste come la nostra. Io La Revue la vedo come un’antidoto all’intossicazione da news superficiali e senza fondamento.