Baby Blue, la distopia svedese di Bim Eriksson

In un futuro non troppo distante dal nostro presente, nella cornice di una Svezia distopica, Betty fa un lavoro alienante e vive giornate tutte uguali. Fino a quella che cambierà per sempre la sua vita.

Sono le premesse di Baby Blue, graphic novel della fumettista svedese Bim Eriksson, recentemente pubblicato in Italia da Add Editore, che presenta per la prima volta l’autrice nel nostro Paese.

Il futuro in cui vive Betty, la protagonista del volume, ricorda da vicino Il mondo nuovo di Aldous Huxley, incarnazione di una distopia che meglio si addice al XXI secolo rispetto a quella novecentesca di 1984.

Non che manchino richiami al capolavoro di George Orwell, al quale ogni opera distopica è almeno in parte debitrice: tra questi, solo per citarne uno, il tema della sorveglianza continua, aggiornato alla dimensione digitale.

Ma il monito sui rischi legati alle nuove tecnologie – assimilabile a quello di Black mirror – non è l’aspetto centrale in Baby Blue, che si concentra maggiormente sulla natura delle relazioni sociali.

In un mondo completamente omologato, la diversità di persone come Betty rischia di essere sanzionata dagli onnipresenti socioguardiani, che verificano minuziosamente l’assenza di devianze dall’ordine costituito.

Qualsiasi elemento in grado di suscitare emozioni, infatti, sembra essere proibito nella Svezia di Baby Blue – persino la musica – e non c’è cosa peggiore di un’esternazione in pubblico per essere bollati come socialmente pericolosi.

Secondo la tipica struttura del racconto distopico – chi non ricorda la pillola rossa di Matrix? – anche il percorso di Betty comincia con la presa di coscienza dello stato di cose che la circonda.

Anestetizzata dalla routine, la protagonista non è in grado di immaginare una dimensione altra da quella che si trova a vivere tutti i giorni, fino a quando non è qualcun altro ad aprirle gli occhi.

In questo senso, la condizione di Betty non è diversa dalla nostra: una normalità abnorme alla quale siamo troppo spesso assuefatti per renderci conto delle storture e delle ingiustizie che ci circondano.

Baby Blue sembra suggerire che le conseguenze del conformismo imperante e di una concezione selettiva dei diritti un tempo considerati universali non sono poi così lontane dal prendere forma in un nuovo ordine sociale.

La dimensione della resistenza – sempre più difficile nel mondo reale – trova espressione concreta nel graphic novel, offrendo alla protagonista un’occasione di salvezza e riscatto dall’opprimente grigiore della sua vita.

Combinando in modo originale elementi tipici della narrativa di genere, Baby Blue è una lettura coinvolgente e ricca di spunti sul presente, anche soltanto per l’insolita ambientazione nel Paese di provenienza dell’autrice.

La tradizione politica e il sistema di welfare che sembravano poter mettere la Svezia al riparo dalla deriva di estrema destra in atto in tutta Europa hanno via via perso efficacia, aprendo la strada ai risultati elettorali dello scorso anno.

Ora il Paese si trova protagonista di un’inedita stagione di politiche xenofobe e discriminatorie, non troppo diverse concettualmente da quelle preconizzate da Bim Eriksson nel suo volume.

Probabilmente non si arriverà, almeno in tempi brevi, a non poter piangere nella stazione della metro: ma quella è la strada tracciata, e la necessità di organizzare una resistenza si fa sempre più urgente per ogni giorno che passa.