Chi controlla il passato controlla il futuro, scrive George Orwell in un celebre passaggio di 1984. Parole tratte da un romanzo di fantascienza, ma che descrivono perfettamente la situazione del Cile di oggi e di ieri.
Intorno all’11 settembre scorso, 50° anniversario dal colpo di Stato del generale Augusto Pinochet, sono fiorite diverse iniziative per raccontare la storia passata e recente del Paese sudamericano.
Rientra tra queste anche il reportage a fumetti Cile. Da Allende alla nuova Costituzione: quanto costa fare una rivoluzione?, scritto dalla giornalista Elena Basso, disegnato da Mabel Morri e pubblicato da BeccoGiallo con una bella prefazione di Roberto Saviano.
Nonostante la concomitanza con l’anniversario e lo spazio tributato ad Allende anche sulla copertina, il volume parte dalla storia recente, con un attento approfondimento sulle rivolte popolari che dal 2019 hanno scosso il Cile.
È solo mentre scava nelle storie ora tragiche ora eroiche dei manifestanti che Elena Basso si rende conto di come sia impossibile raccontare il presente senza partire dal passato, da quell’11 settembre 1973 che ha cambiato completamente la storia del Cile.
A indicarle la strada uno degli slogan più usati dai manifestati, quel No son 30 pesos, son 30 años che testimonia l’insofferenza a tre decenni di politiche neoliberiste, più che all’aumento del biglietto della metro che ha fatto scoppiare la rivolta.
Nei diciassette anni della dittatura, infatti, il Cile è diventato uno straordinario laboratorio di sperimentazione delle più sfrenate misure di privatizzazione, che hanno travolto sanità, scuola e ogni altro bene pubblico cileno.
Politiche portate avanti anche dai governi successivi, che hanno ampliato a dismisura la forbice delle diseguaglianze interne, relegando nella povertà buona parte della popolazione.
Analizzate a fondo le ragioni della protesta, Elena Basso ne prende in esame le conseguenze, guidata dalla pungente domanda – tanto giornalistica quanto politica e umana – quanto costa fare una rivoluzione?
Soffermandosi sulle atroci violenze subite da numerosi manifestanti – percosse, stupri e soprattutto accecamenti – da parte dei carabineros, Basso offre un quadro più vicino a quello di un Paese dittatoriale che democratico.
Il parziale successo del movimento di protesta – con i lavori dell’assemblea costituente e l’elezione di un governo progressista – è stemperato dal referendum che boccia la nuova Costituzione e dallo sgomento per il destino delle vittime di polizia.
Le violenze, la mancanza di giustizia, le discriminazione nei confronti dei nativi e la verità mai emersa sui desaparecidos – a differenza della vicina Argentina – sono solo alcune eredità della dittatura che, ancor oggi, impediscono al Cile di ripartire.
Il reportage tiene il lettore incollato alle pagine grazie a un montaggio dosato con giustezza, senza pause ma dal ritmo non troppo frenetico, e ai disegni di Mabel Morri, che restituisce tutta la dignità umana delle persone protagoniste o testimoni del racconto.
Con un massimo di sei vignette distribuite su tre fasce orizzontali, combinate diversamente in base all’occorrenza, la scelta di impostare la tavola secondo uno schema classico e di facile lettura va di pari passo con una quantità di testo precisa, esauriente ma senza una parola in più del necessario.
La foliazione ampia – oltre 220 pagine – non deve ingannare, perché le due autrici si prendono tutto lo spazio che serve a sviluppare il loro reportage, ma senza digressioni o passaggi a vuoto che appesantiscono la lettura.
Concludendo, Cile è davvero un volume da non perdere per conoscere la storia recente del Paese – poco nota se non grazie a sporadiche apparizioni sulla stampa – e capire quanto ancora sia condizionata da quella passata.
Da tempo in Cile c’è chi tenta di riabilitare la dittatura di Pinochet, ovvero di controllare il passato per controllare il futuro. Ma la massima di Orwell si conclude così: chi controlla il presente controlla il passato. La partita, quindi, è ancora aperta.